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Questo articolo è stato pubblicato il 22 agosto 2012 alle ore 06:36.

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ROMA
I partiti restano prudenti. I sindacati critici. Monti sostiene che l'uscita dalla crisi è più vicina. Due giorni dopo Moody's conferma l'ottimismo del premier, annunciando che si potrebbe intravedere la luce dal tunnel già nel 2013. Ma i leader della maggioranza tacciono. Neppure il rimbalzo della Borsa e lo spread a 410 li scuote.
Bersani, Berlusconi/Alfano e perfino Casini preferiscono stavolta rimanere dietro le quinte. Forse perché – come osserva il vicepresidente dei deputati del Pdl Osvaldo Napoli – «meglio ignorare Moody's come misura cautelativa», visti i precedenti dell'agenzia di rating. Ma forse anche perché l'aria che tira continua ad essere tutt'altro che favorevole e in vista della campagna elettorale è meglio non sbilanciarsi. I sindacati parlano di un autunno «caldissimo» e affilano le armi.
«L'ottimismo è un dovere ma i problemi di fondo restano: la disoccupazione cresce e la recessione non arretra», commenta Stefano Fassina responsabile economico del Pd secondo cui c'è una «sottovalutazione della drammaticità dell'economia reale, della tenuta del nostro sistema produttivo anche da parte del governo».
Ma allora perché Monti si è spinto così avanti? Qualcuno ipotizza che il premier abbia fatto a Rimini un intervento più da politico che da tecnico. E in qualche modo questa tesi è indirettamente suffragata dalle dichiarazioni del direttore operativo di Fitch, David Riley, che parla di «rischio politico» più che economico per l'Italia, legato proprio alla fine del mandato di Monti nel 2013. Così come le critiche espresse dal Pdl nei confronti delle possibili candidature di ministri dell'attuale governo, suonano come un avvertimento ai «tecnici» di farsi da parte. «Non possiamo fare i donatori di sangue soprattutto a chi si dimostra incapace di fatti e campione delle banalità e delle bugie in campo fiscale, economico e politico», ha tuonato il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri al quale certo non sono piaciuti quei passaggi dell'intervento di Monti a Rimini in cui il premier ha definito «deludente» l'eredità di questi ultimi vent'anni.
Il timore che l'emergenza che ha portato i tecnici a Palazzo Chigi si consolidi anche dopo le prossime politiche è forte. Il Pdl è profondamente diviso, ma anche il Pd è in sofferenza. «Per le riforme serve consenso e questo si realizza attraverso il voto, l'emergenza non può continuare», aggiunge Fassina. Lo dice anche Bersani che a Reggio Emilia, alla festa del Pd, ufficializzerà probabilmente la sua corsa per la premiership.
Non ne sono invece così convinti i centristi. «Dipenderà dalle condizioni in cui ci troveremo nel 2013», spiega il portavoce dell'Udc Gianluca Galletti. Anche i centristi si mostrano però, se non scettici, assai meno ottimisti sulla situazione economica: «Siamo sulla strada giusta e per questo le forze politiche che si candidano a governare devono assicurare che non la cambieranno, consapevoli che per uscire dalla crisi ci vorrà tempo».
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