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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2012 alle ore 15:48.

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Il canadese Ben Johnson alle Olimpiadi di Barcellona '92 (Ap)Il canadese Ben Johnson alle Olimpiadi di Barcellona '92 (Ap)

L'annuncio della rinuncia di Lance Armstrong a difendersi dalle accuse dell'agenzia americana anti-doping, con tutte le conseguenze che comporta, arriva pesante come un macigno. Non è un fulmine a ciel sereno, d'accordo, ma rimane una bruttissima notizia per i fan del campione, per il mondo del ciclismo (sul quale già gravano le vicissitudini di molte altre star trovate positive), per lo sport in generale. Ma il caso dell'atleta americano, da record per l'entità della squalifica che ne conseguirà, è soltanto l'ultimo di una lunga serie che, negli anni, ha interessato trasversalmente quasi tutte le discipline sportive.

Chi non ricorda, per esempio, la vicenda che vide coinvolto Ben Johnson ai Giochi Olimpici del 1988? A Seul, il centometrista canadese centrò una medaglia d'oro storica, bruciando Il "figlio del vento" Carl Lewis e ottenendo il nuovo record del mondo. Appena tre giorni dopo, però, fu trovato positivo ai controlli anti-doping e si scoprì che aveva fatto uso di steroidi. Come conseguenza gli fu ritirata la medaglia e annullato il primato. In seguito Johnson tornò a gareggiare per un paio d'anni, con risultati per altro modestissimi (a Barcellona non andò oltre le semifinali), fino a quando nel '93 risultò di nuovo positivo ai controlli. E, in quel caso, arrivò puntuale la squalifica a vita.

Non meno clamoroso (ma ben più drammatico) fu il caso di Marco Pantani, vincitore di un Giro d'Italia e di un Tour de France che, nel '99, fu escluso proprio del Giro a causa di un valore di ematocrito nel sangue superiore alla soglia consentita. Per il Pirata, all'apice di una straordinaria carriera, fu un colpo durissimo dal quale, purtroppo, non riuscì mai a riprendersi del tutto. E la sua storia, com' è tristemente noto, finì per trasformarsi in una delle più grandi tragedie dello sport italiano…

Per rimanere nel ciclismo, si potrebbe ancora citare la vicenda di Alberto Contador, vincitore di tre Tour de France, due Giri d'Italia e di una Vuelta. Anche lui trovato positivo ad un controllo nel 2010, durante gli ultimi giorni del Tour, e squalificato al termine di un lungo iter di ricorsi.

Ma se il ciclismo offre un numero di casi davvero inquietante, è difficile trovare uno sport che possa dirsi esente dal problema. Nel tennis, per esempio, è stato detto che il doping sarebbe meno utile che in altre discipline, dal momento che oltre alle prestazioni fisiche necessita di doti di lucidità e concentrazione che mal si accorderebbero con gli effetti di alcune sostanze. Tuttavia, in un un'epoca nella quale la condizione atletica è diventata sempre più importante, un "aiuto" potrebbe far comodo anche ai campioni della racchetta. E infatti, negli ultimi dieci-quindici anni i casi non sono mancati: dagli argentini Canas a Coria, fino alla vicenda più eclatante che ha avuto per protagonista Petr Korda, vincitore degli Australian Open e giocatore capace di arrampicarsi fino al secondo posto del ranking, trovato positivo al nandrolone nel 1998.

Altro caso che suscitò clamore in tutto il mondo sportivo, fu quella che vide coinvolto il leggendario Diego Armando Maradona. Nel suo caso, però, si trattava di uso di cocaina, sostanza che avrebbe causato non pochi problemi al "Pibe de Oro" anche dopo la conclusione della sua straordinaria carriera calcistica. Due volte il fuoriclasse argentino inciampò nei controlli. La prima nel '91 che praticamente segnò la fine della sua esperienza nel Napoli e la seconda ai Mondiali del '94 ( in questo caso di parlò di efedrina) con la quale si concluse, di fatto, la carriera calcistica di Maradona.

Per rimanere nell'ambito del calcio si possono ricordare, tra i tanti, i casi di Adrian Mutu e dell'argentino Caniggia, anche loro trovati positivi alla cocaina. Ma la lista, nel mondo del pallone, è ben più lunga…

Una notizia che fece il giro del mondo, e che aveva quasi dell'incredibile, fu, poi, la singolare storia di Andreas Krieger, nata Heidi Keriger (e quindi donna) e costretta a cambiare sesso e a diventare uomo proprio a causa delle sostanze dopanti assunte per anni e in dosaggi altissimi, come molti altri suoi connazionali della Germania dell'Est. E, per restare nell'ambito dell'atletica, bisognerà citare, per lo meno, la pluri-premiata americana Marion Jones (oro nei cento metri e nella staffetta ai campionati del mondo del '97 e vincitrice di ben 5 medaglie, tre d'oro e due di bronzo, ai Giochi di Sidney del 2000). Dopo una vicenda contrastata, fatta di analisi positive e di contro-analisi negative, la Jones ammise nel 2007 di aver utilizzato sostanze dopanti e l'anno successivo finì, perfino, in galera per otto mesi, per aver mentito al giudice.

E, ancora, ricordiamo la storia di Michelle Smith, vincitrice di tre medaglie d'oro e una di bronzo ad Atlanta. La nuotatrice irlandese tentò di manomettere il campione d'urina durante un controllo di routine e, per questo, incorse in una squalifica di 4 anni che mise la parola fine alla sua carriera.

Tra gli ultimi, in ordine di tempo, c'è poi il caso che ha visto protagonista Alex Schwazer alle Olimpiadi di Londra. Una vicenda dolorosa quella del campione altoatesino che, dopo gli esiti delle analisi, ha ammesso di aver utilizzato sostanze dopanti, finendo sulle prime pagine di tutti i giornali e gettando nello sconforto i suoi tifosi e, più in generale, tutti gli italiani appassionati di sport.

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