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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2012 alle ore 16:17.

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Tra le pieghe del documento programmatico sulla crescita pubblicato dal Governo nell'ultimo Cdm c'è anche un passaggio, importante, che prevede la definizione «di iniziative per accorciare i tempi della transizione scuola-lavoro e di quella tra gli stati disoccupazione-occupazione».

I ritardi italiani
Non è un mistero infatte che secondo gli ultimi dati disponibili forniti dal ministero dell'Istruzione solo il 5% degli studenti delle scuole superiori (2,5 milioni, di cui 855.495 che frequentano gli istituti tecnici e 538.737 i professionali) hanno potuto partecipare nell'a.s. 2011-2012 a programmi di alternanza scuola-lavoro. E anche questo spiega la recente fotografia fornita da Unioncamere sulla difficoltà delle imprese di reperire risorse (specie con competenze tecniche), nonostante la richiesta delle aziende. Nel terzo trimestre 2012 sono circa 22mila, 22.210 per la precisione, le assunzioni considerate di "difficile reperimento". Vale a dire posti di lavoro che, nonostante la crisi, le aziende intendono comunque offrire, e che invece rimangono "vuoti" perchè non si riesce a selezionare il candidato giusto. Rispetto alle 158.840 assunzioni previste nel periodo di riferimento (e cioè luglio-settembre 2012) le assunzioni di difficile reperimento rappresentano il 14%, e cioè: una su sette.

Le misure in cantiere
Nel tentativo di fronteggiare questi ritardi a luglio è stato attivato «Comitato nazionale per l'alternanza scuola lavoro» per dare completa attuazione alle norme contenute nei decreti legislativi n. 77/2005 e n. 22/2008, rimasti sinora "sulla carta". Si tratta, in sintesi, di definire linee guida che possano rimuovere progressivamente, in modo misurabile, gli ostacoli - giuridici e organizzativi - che non hanno consentito sino ad oggi di offrire queste opportunità alla maggior parte degli studenti e, potenzialmente, a tutti, indipendentemente dal tipo di istituto frequentato: liceo, istituto tecnico o istituto professionale. Con le linee guida saranno definiti anche i modelli di certificazione delle competenze acquisite dagli studenti nei percorsi scuola/lavoro, da inserire nel proprio curriculum per l'accesso al lavoro.

Poli tecnici professionali
Anche i «Poli tecnico professionali» che verranno costituiti dal prossimo anno sono uno strumento per mettere in comune le risorse e tentare di superare il "gap" tra domanda e offerta di lavoro tecnica. Questi Poli, alla cui nascita stanno lavorando Miur e ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico, saranno costituiti sul territorio, raccordarti con le filiere produttive che caratterizzano il tessuto produttivo locale, in modo che i giovani possano apprendere a partire dall'esperienza concreta in contesti di laboratorio e di lavoro, con più opportunità di appassionarsi allo studio e di inserirsi con successo nel mondo del lavoro. Per dare vita a un Polo, almeno due istituti tecnici e/o professionali dovranno collegarsi, attraverso accordi rete, con un centro di formazione professionale e almeno due imprese della filiera produttiva di riferimento. Il Cnr ha manifestato la propria disponibilità a facilitare la partecipazione delle sedi della ricerca ai programmi di attività dei Poli a sostegno della formazione di competenze per l'innovazione. Nell'ambito dei Poli potranno essere costituite anche botteghe scuola e scuola-impresa. Confindustria, Confartigianato ed altre organizzazioni datoriali hanno manifestato grande interesse a mobilitare le imprese associate perchè partecipino alle attività dei Poli con le risorse professionali, i laboratori e le altre risorse di cui dispongono.

Settore turistico
Anche le Regioni Calabria, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Sicilia, Campania hanno già considerato, con particolare attenzione, la filiera turistica come primo "banco di prova" di Poli per la formazione turistica, pure a carattere multi regionale con la partecipazione di Regioni del Centro Nord, come l'Emilia Romagna. L'obiettivo è duplice: colmare il mismatch tra domanda e offerta di lavoro nel settore turistico, ancora elevato, nonostante il periodo di crisi economica, e rilanciare la complessiva filiera turistica, anche nella sua complementarietà con la filiera dell'agribusiness ed altre filiere di interesse locale e nazionale.

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