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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2012 alle ore 14:48.

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Dalla Germania nuova puntata dell'offensiva mediatica contro la Bce e il suo presidente, Mario Draghi. Questa volta è il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, che scende in campo per criticare l'ipotesi dell'acquisto di obbligazioni pubbliche da parte della Banca centrale europea, definita in un'intervista al settimanale Der Spiegel come «un finanziamento degli Stati con una stampatrice di banconote». «In una democrazia, dovrebbero essere i Parlamenti e non le Banche centrali a decidere una simile mutualizzazione dei rischi» ha spiegato Weidmann, che non lesina paragoni pesanti: il finanziamento della Bce potrebbe indurre alcuni Paesi «all'assuefazione, come se fosse
una droga».

A inizio agosto, la Banca centrale europea si era detta disposta ad agire, se necessario, con misure eccezionali contro la crisi, e tra queste c'è appunto l'ipotesi di acquisto sul mercato del debito pubblico dei Paesi in difficoltà: un impegno ad acquisti illimitati ma condizionati. Draghi fornirà maggiori dettagli sugli strumenti per la lotta contro la crisi del debito il prossimo 6 settembre, in occasione della conferenza stampa mensile; la Bce può già acquistare bond sul mercato secondario, strategia che tuttavia non è stata messa in atto da mesi.

Altolà su tetto anti-spread
Nella sua intervista Weidmann ha anche parlato anche di altre questioni aperte come il tetto allo spread, e sottolineato gli sforzi dei Paesi periferici dell'eurozona per rimettere a posto i loro conti. Il governo italiano sta lavorando bene – ha sottolineato - ma non tocca alla Bce fissare un tetto allo spread. «Irlanda e Portogallo hanno già ottenuto rimarchevoli progressi con le loro riforme, valuto positivamente anche le misure prese in Spagna e in Italia» ha detto il presidente della Banca centrale tedesca. «Ciò su cui non sono d'accordo - precisa – è il fatto che in questa crisi qualcuno vuole far credere che sia solo la Banca centrale a poter impedire un aumento dei tassi di interesse considerato critico. Il modo migliore per ridurre durevolmente lo spread è la decisa applicazione delle promesse e degli accordi. «Le cause della crisi risiedono nell'elevato grado di indebitamento, nella scarsa competitività di alcuni Paesi membri e non da ultimo anche nella perduta fiducia nell'architettura dell'unione monetaria» sottolinea Weidmann, secondo il quale «questi problemi di fondo devono essere affrontati tutti in modo fermo, senza esitazioni e con un lungo respiro. È quanto serve per la tenuta e per la credibilità dell'unione monetaria».

Attacchi continui dalla stampa tedesca
La Bce e Draghi sono ormai apertamente nel mirino della stampa tedesca e non solo. Uno stillicidio di critiche e attacchi contro la linea interventista tracciata all'inizio di agosto, con l'impegno ad acquisti illimitati, ma condizionati, dei bond dei Paesi in crisi. Il fronte vede schierati appunto la Bundesbank, parlamentari della coalizione di Governo e dell'opposizione e ampi settori dei media. In un'editoriale di prima pagina, dal titolo «Salvataggi senza frontiere», il condirettore della Frankfurter Allgemeine Zeitung, Holger Steltzner, venerdì scorso aveva accusato Draghi di minare l'indipendenza dell'Eurotower: «Anche l'Italia chiede aiuti finanziari a voce sempre più alta e Draghi si offre. Per i politici che vogliono salvare l'euro è bello che Draghi abbia imparato dalla Banca d'Italia come una banca centrale può essere messa al servizio delle casse dello Stato». Alla Faz aveva fatto eco la Süddeutsche Zeitung, con un'intervista all'economista Manfred Neumann, professore dell'università di Bonn e relatore della tesi di dottorato del presidente della Bundesbank Weidmann. Neumann ha rincarato la dose denunciando che Draghi rischia di condurre la Germania ai livelli di inflazione della Repubblica di Weimar.

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