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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2012 alle ore 16:49.

NAPOLI - Un altro monumento che rischia di franare. Questa volta non parliamo di mura o reperti di Pompei antica, ma dell'Istituto italiano di studi filosofici che ha sede a Napoli. La prestigiosa istituzione, fondata da Elena Croce e da Gerardo Marotta, oggi presidente a vita, ormai è quasi sul lastrico e rischia la chiusura. «Se continua così - dice Antonio Gargano, segretario generale dell'istituto - per Natale chiudiamo tutto».
Ma si può "chiudere" un'istituzione culturale tanto gloriosa? Quella che ha fatto di Napoli la capitale mondiale della filosofia, che ha fondato nell'Italia meridionale 200 scuole di alta formazione, che ha assegnato oltre 3mila borse di studio a giovani studenti e ricercatori di discipline umanistiche? Insignita con riconoscimenti internazionali e patrimonio Unesco?
È proprio di questa infuocata estate l'ultimo atto di una lunga agonia. «Sfrattata la biblioteca dell'istituto di studi filosofici», titolavano giornali e agenzie di stampa di qualche giorno fa. Notizia da cui è scaturito un intenso dibattito con appelli e contro appelli per il salvataggio dell'istituto di Marotta, mentre i libri - di autori del calibro di Croce e Giordano Bruno - venivano trasferiti in un capannone industriale di Casoria.
«Una sede sicura che costerà solo 5mila euro l'anno», precisa il segretario Gargano. Ma nulla a che vedere con una vera biblioteca.
In verità, la biblioteca in questione non c'è mai stata: l'avvocato fondatore dell'istituto di via Monte di Dio, nel corso degli ultimi trent'anni, ha messo insieme circa 300mila "preziosi" volumi che, non avendo sede, erano stipati in vari depositi nei pressi della sede dell'istituto nel centro di Napoli. Una sistemazione poco dignitosa, e molto onerosa, tanto da pesare sulle casse della Fondazione per ben 200mila euro l'anno.
Un onere che è diventato sempre più difficile sostenere, specie dal 2010 quando l'ex ministro Giulio Tremonti per primo tagliò di netto il finanziamento destinato al centro culturale partenopeo. Da sette a tre milioni. Nel 2011 l'azzeramento, che venne però rivisto grazie all'intervento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lasciando all'istituto una dote di 1,5 milioni: ultimo contributo elargito dal governo.
L'istituto di Marotta ha ridotto le spese, gli eventi, si è indebitato con le banche per oltre cinque milioni. E quei soldi per i depositi dei libri non riusciva proprio più a trovarli. Fino alla sfratto per morosità.
Il paradosso però è che la sede per una vera biblioteca in realtà ci sarebbe. La regione Campania, infatti, dopo una lunga procedura, avviata da Bassolino e culminata da Caldoro, a giugno 2011 ha acquistato l'edificio ex Coni di Santa Maria degli Angeli, perfetto per ospitare i 300mila volumi di Marotta, con un esborso totale di più di 4 milioni. Ma a un anno dalla compravendita, per una serie di misteriose circostanze nel mentre i libri ammuffivano nei depositi e venivano sfrattati e trasportati fuori Napoli, l'attesa sede non è ancora pronta. «A settembre partiranno i lavori, già affidati con gara, che costeranno altri due milioni», assicura l'assessore alla ricerca e alla università Guido Trombetti, che studia intanto anche un sistema per la digitalizzazione dei testi. Dall'inizio dei lavori a quanto pare passeranno altri due anni perché la "vera" biblioteca possa aprire le sue porte.
Ma intanto la partita è tutt'altro che chiusa, regione e istituto continuano a discutere animatamente, tanto che venerdì prossimo è previsto un incontro a Santa Lucia. L'ottuagenario Marotta chiede alla giunta di Stefano Caldoro di annullare una delibera di giugno 2011 che prevedeva che nella stessa sede di Santa Maria degli Angeli venissero stipati anche i libri della regione. Questa chiede a Marotta la trasformazione dell'attuale Fondazione in un istituto in cui le istituzioni possano avere un proprio rappresentante e, intanto, chiama in causa il governo perché riveda i propri tagli. Smanie di protagonismo o tecnicalità necessarie anche se male si adattano al mondo della cultura?
Primo tesoro da mettere in salvo è il patrimonio di libri, non c'è dubbio. Poi, l'Istituto di studi filosofici e le sue numerose attività. Perché se Napoli perdesse questi "monumenti", perché ceduti alla fine a una istituzione straniera o a privati interessati, sarebbe davvero imperdonabile.
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