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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2012 alle ore 13:56.

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Quest'anno tocca ai "modelli" di minore potenza: tra circa otto mesi, esattamente dal prossimo 1° settembre, le lampadine a incandescenza tra i 25 e i 40 Watt non potranno più essere prodotte. Lo ha stabilito la direttiva 2005/32/Ce (sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia) che ha fissato un preciso calendario per la dismissione graduale e il divieto della vendita delle lampade a incandescenza (le più energivore, quelle per intenderci con il filamento metallico).

Nessuna preoccupazione per chi non ne abbia in casa e non intenda approvvigionarsene in questi mesi, perché esistono diverse alternative. La stessa luminosità di un modello a incandescenza da 40W – e con una minore spesa in bolletta – può essere garantita da:
- una lampadina alogena ad alta efficienza da 28 W;
- una lampada fluorescente compatta da 8 W;
- una lampada a Led da 8 W.
Ma che cosa è utile sapere per scegliere l'illuminazione "giusta" dal punto di vista energetico, visto che questa voce pesa in modo significativo sulla bolletta della famiglia (si calcola intorno al 15%) e quindi del l'intera collettività?

Risparmiare sui costi energetici, non significa rinunciare a godere di una buona illuminazione domestica: basta avere la giusta informazione, scegliere con cura le tecnologie più adatte per illuminare bene e senza sprechi e (si veda l'articolo sotto) seguire alcune semplici regole antisprechi, massimizzando comunque il benessere visivo. Illuminare la propria casa sostituendo con lampade a fluorescenza quelle a incandescenza già consente di ridurre i consumi fino a quasi l'80%. Il costo iniziale, più alto rispetto ai modelli destinati al pensionamento, rientra in tre anni e la durata è mediamente superiore di sette volte.

L'etichetta
Le cose essenziali da sapere sulla lampadine – per fare la scelta più opportuna sia in termini di riduzione dei consumi e dei costi di manutenzione sia di comfort visivo – ce le dice l'etichetta. Come per gli elettrodomestici e per le abitazioni, le lampadine sono infatti dotate di un'etichetta che informa l'utente sul consumo di energia e su altre caratteristiche.

L'etichetta può essere a colori oppure in bianco e nero e, ove possibile, è stampata sul l'imballaggio. È divisa in due settori: il primo descrive le classi di efficienza energetica, mediante una serie di frecce di lunghezza crescente e diverso colore, associate a lettere dalla A alla G (dove A indica il consumo minore), che consentono di confrontare i consumi di lampade differenti. Il secondo settore indica il flusso luminoso (in Lumen), la potenza della lampada (in Watt) e la durata media nominale di vita (in ore). Si aggiunge l'efficienza luminosa (lm/W) che esprime la quantità di energia elettrica assorbita e trasformata in luce. In sostanza, esprime il rapporto tra il flusso luminoso emesso dalla lampada (espresso in Lumen) e la potenza elettrica che l'alimenta (espressa in Watt): è questo il parametro che definisce la classe energetica della lampada e che consente la scelta della lampadina meno energivora.

La qualità
Se questi elementi servono a comprendere quanta luce usa una lampadina, la qualità è invece definita da due elementi: la temperatura di colore (K) e l'indice di resa cromatica (Ra o Irc). La prima indica la tonalità della luce delle lampadine che sono vendute in tre diversi toni di bianco: "caldo" con sfumature gialle (temperatura di colore minore di 3.300 K); "neutro" (temperatura di colore tra 3.300 e 5.300 K); "freddo" con sfumature azzurre (temperatura di colore superiore a 5.300 K). Il secondo, ossia l'indice di resa cromatica, indica il grado in cui i colori percepiti con l'illuminazione artificiale si accostano a quelli reali. L'indice è compreso tra 0 e 100 e più è alto, più la lampadina consente di apprezzare le sfumature di colore. Per questo le lampadine con indice inferiore a 85 è bene che non siano usate in spazi interni dove si lavora o si sta per lunghi periodi (ad esempio scuole o agli uffici): l'infedele restituzione del colore per lungo tempo determina un disagio psicofisico.

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