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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2012 alle ore 17:05.

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1. «Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; e io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me» (Lc 22, 28-29). La lunga vita del Cardinal Martini è specchio trasparente di questa perseveranza, anche nella prova della malattia e della morte. Ed ora Gesù as-sicura lui e noi con lui: "Io faccio con te, come il Padre ha fatto con me". Per lui è pronto un regno come quello che il Padre ha disposto per il Figlio Suo, l'Amato. Il fatto che non sia un luogo fisico, a nostra misura, non ci autorizza a ridurre il paradiso ad una favola. Il Cardinal Martini, che ha annunciato e studiato la Risurrezione, l'ha più volte sottolineato. Con parole tanto semplici quanto potenti San Paolo ne coglie la natura quando scrive: «Per sempre saremo con il Signore» (1Ts 4, 17). Il nostro Cardinale Carlo Maria, tanto amato, non si è quindi dileguato in un cielo remoto e inaccessibile.

Egli, entrando nel Regno partecipa del potere di Cristo sulla morte ed entra nella comunione con il Dio vivente. Per questo, in un certo vero senso, si può dire di lui ciò che Benedetto XVI ha scritto di Gesù asceso al Padre: «Il suo andare via è al contempo un venire, un nuovo modo di vicinanza a tutti noi" (cfr. J. Ratzinger, Gesù di Nazaret 2, 315).

Carissimi, siamo qui convocati dalla figura imponente di questo uomo di Chiesa, per esprimergli la nostra commossa gratitudine. In questi giorni una lunga fila di credenti e non credenti si è resa a lui presente.
Caro Padre, noi ora, con i molti che ci seguono attraverso i mezzi di comunicazione, ti facciamo corona. E lo facciamo perché nella luce del Risorto, garante del tuo compiuto destino, sappiamo dove sei. Sei nella vita piena, sei con noi. Questa è la nostra speranza certa. Non siamo qui per il tuo passato, ma per il tuo presente e per il nostro futuro.

2. «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27, 46). Il terribile interrogativo di Gesù sulla croce è in realtà implorante preghiera. Estremo abbandono al disegno del Padre. E qual è questo disegno? Che il Crocifisso incorpori in Sé tutto il dolore degli uomini. Il Figlio di Dio ha assunto tutto dell'uomo, tranne il peccato, a tal punto che la Sua drammatica invocazione finale abbraccia l'umano grido di orrore di fronte alla morte per placarlo.

Alla morte di Gesù ben si addice la preghiera del poeta Rilke: «Dà, o Signore, a ciascuno la sua morte. La morte che fiorì da quella vita, in cui ciascuno amò, pensò, sofferse» (R. M. Rilke, Das Buch von der Armut und vom Tode, Das Stundenbuch 1903). Chi muore nel Signore, col Signore è destinato a risorgere. Per questo la sua morte è un fiorire. La morte del Cardinale è stata veramente personale perché destinata alla sua personale, inconfondibile risurrezione, al suo personale modo di stare per sempre con il Signore e in Lui con tutti noi.

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