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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2012 alle ore 06:40.

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Non è a Roma, tra via del Nazareno e Montecitorio, che si fanno i giochi sul duello tra Pierluigi Bersani e Matteo Renzi. Nei palazzi romani, infatti, anche i capibastone non-schierati se ne stanno ancora silenti in attesa di capire come girerà il vento e quale sarà la legge elettorale.

È sul territorio invece che i conti si stanno facendo più rapidamente: un blocco consistente del partito è già schierato con Bersani, ma una parte di mondo veltroniano ed ex popolare – dall'area di Letta a quella di Fioroni – si sta lentamente scongelando verso Renzi. È chiaro che l'operazione del sindaco di Firenze ha chance solo se riesce ad allargarsi oltre i confini del partito ma il territorio "democratico" è il tallone d'Achille di Renzi se vuole costruire una macchina elettorale che funzioni. Così, nell'entourage renziano, si punta nell'effetto imitazione dopo l'adesione dell'ex sindaco di Piacenza, il lettiano Reggi, e il consigliere regionale emiliano Richetti. Nuovi movimenti ci sono soprattutto in Lombardia, in quel circuito che una volta era targato Margherita, che è più sensibile ai temi liberal di Renzi che non a quelli socialdemocratici dei "giovani turchi".
Una voce di corridoio – che fa preoccupare molti – è quella di un possibile avvicinamento a Renzi di Graziano Del Rio, sindaco di Reggio Emilia e presidente dell'Anci. Rumors, certo, che nascono come solo nei periodi di guerre elettorali, ma la "campagna acquisti" sul territorio è una carta indispensabile per l'avversario di Bersani. Non solo. Importanti dirigenti dell'area veltronian-lettiana, raccontano di come molti loro fedelissimi sul territorio siano più tentati da un'operazione con Renzi per non finire nel "mucchio" della maggioranza bersaniana, dove sono certi che finirà per prevalere l'asse Orfini-Fassina. Un disagio che è risalito sino a Roma dove ormai non si dissimula più il conflitto con i "giovani turchi". A esporsi con più decisione è Francesco Boccia, che ormai duella senza risparmiarsi contro quella linea socialdemocratica. «La lealtà a Bersani non è in discussione ma chiederemo un chiarimento molto netto al segretario su quale sarà la sua rotta rispetto alle politiche di Monti. Noi siamo già schierati sulla linea del premier e le sue scelte in Europa e non ci sentiamo affatto rappresentati dalle idee di Orfini e Fassina. Bersani scelga».
Dunque si chiederà un chiarimento al leader Pd, esattamente quello che farà anche l'arcipelago di Modem ormai piuttosto frastagliato. Il 29 settembre Paolo Gentiloni e il suo movimento "Agenda Monti" diranno quale sarà il loro candidato alle primarie, anche se quell'appuntamento potrebbe riservare altre sorprese. Ci saranno infatti anche le associazioni di Montezemolo e Oscar Giannino che di certo non vedono in Renzi un nemico. Anzi. Ma Paolo Gentiloni mette in fila le questioni in ordine logico e parla di legge elettorale prima che di primarie del Pd. «Tutto cambia se cambia il Porcellum perchè è chiaro che in un sistema proporzionale la premiership si decide dopo il voto. Così come le regole delle primarie potrebbero cambiare se il premio di maggioranza va al partito o alla coalizione». Certo, nel primo caso potrebbe riemergere l'ipotesi di un "listone unico" tra Pd e Vendola per accaparrarsi il premio ma, frena Boccia, «questo è un tema da congresso». Quindi, le primarie sarebbero interne al Pd. «Nel secondo caso, con un premio alla coalizione e la partecipazione di più candidati – spiega Gentiloni – verrebbe indebolita la candidatura di Bersani che difficilmente ce la farebbe a superare il 30-40%. Troppo poco per una premiership». Ecco allora che rispunterebbe un'altra novità: le primarie a doppio turno.
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