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Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2012 alle ore 21:40.

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Un clima disteso, relativamente cordiale. Eccezioni presentate e ripresentate dalla difesa per consentire a Silvio Berlusconi di non rispondere ai pm di Palermo. Il rigetto della richiesta e a quel punto l'ex premier ha parlato, eccome. Spiegando - dal suo punto di vista - di avere dato denaro a Marcello Dell'Utri senza alcuna costrizione. Non ha convinto del tutto, però ha fatto il suo dovere di testimone.
«L'ho aiutato, come ho aiutato tanti altri - ha spiegato - e Marcello in particolare, perché é stato da sempre uno dei miei collaboratori più vicini e fidati». Nessuna estorsione, dunque, sarebbe stata imposta al Cavaliere da Dell'Utri: nessun ricatto per conto della mafia, durato qualcosa come trent'anni. Per la prima volta davanti ai magistrati di Palermo, Berlusconi ha forse capito che il diavolo non é poi così brutto come lo si dipinge. Ha escluso pressioni e minacce, patti con la mafia e altro. Dell'Utri sarebbe stato troppo propenso a spendere e l'amico Silvio l'avrebbe aiutato. Anche comprando la villa sul lago di Como: a un prezzo esagerato, secondo i pm; ma Berlusconi, che cominciò come imprenditore edile, dice che era il prezzo giusto. Il giorno dopo l'acquisto, 15 dei 21 milioni pagati da Berlusconi furono girati su un conto a Santo Domingo. E si era all'8 marzo scorso, vigilia della sentenza di Cassazione che, nel processo di mafia, avrebbe potuto portare Dell'Utri in cella per sette anni. Fu proprio Dell'Utri che gli presentò Vittorio Mangano, negli anni '70, e lo stalliere di Arcore (poi condannato per mafia e omicidi e morto nel 2000) sembrò essere una brava persona a Berlusconi. Lo stesso dice il teste di Gaetano Cinà, che fu processato con Dell'Utri e che morì nel 2006.

Su queste vicende Berlusconi era stato indagato dai pm del capoluogo siciliano e la sua posizione era stata poi archiviata. Per questo, temendo che dall'audizione come teste (tenuto dunque a dire la verità) potesse emergere qualcosa di negativo per l'ex presidente del Consiglio, gli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo avevano chiesto di consentire a Berlusconi di avvalersi della facoltà di non rispondere, come già era avvenuto il 26 novembre 2002, a Palazzo Chigi, davanti ai giudici del processo Dell'Utri. L'istanza é stata respinta e ora i pm Antonio Ingroia e LiaSava approfondiranno quanto raccontato da Berlusconi. Lo faranno, oltre che col procuratore Francesco Messineo, anche con i colleghi Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Paolo Guido. I primi due oggi sono rimasti a Palermo, perché Messineo ha preferito che ad andare fossero solo in tre, privilegiando la Sava, più anziana rispetto agli altri. Paolo Guido é invece in ferie.

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