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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2012 alle ore 20:50.

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Le truppe italiane continuano a ritirarsi dalle aree più calde del settore occidentale dell'Afghanistan. Dopo il Gulistan, distretto orientale della provincia di Farah lasciato a un pugno di soldati afghani in agosto, il contingente italiano ha ufficialmente ceduto a un battaglione di soldati afghani della terza brigata del 207° Corpo il controllo dell'area di Bala Murghab, a nord di Herat.

L'ex cotonificio poi divenuto sede della base avanzata Columbus era stato espugnato, combattendo il 4 agosto 2008, dalla compagnia "Aquile" del 66° reggimento aeromobile e in quattro anni gli italiani si sono scontrati aspramente con i talebani, registrando 4 caduti e decine di feriti, per allargare l'area di sicurezza lungo la vallata e mettere in sicurezza la vicina frontiera con il Turkmenistan attraversata da contrabbandieri e trafficanti di droga e armi. Le battaglie più dure le affrontò nell'estate dell'anno successivo il 183° reggimento paracadutisti che uccise in combattimento centinaia di miliziani talebani.

Oggi, l'uscita della bandiera di guerra dell'8 reggimento bersaglieri dalla base Columbus, quartier generale della Task Force North, ha sancito ufficialmente il passaggio di responsabilità con i militari afgani, '«nel rispetto della time-line concordata con il Governo di Kabul e gli alleati della Nato'» sottolineano al comando del contingente italiano. Eppure solo fino a febbraio di quest'anno il ritiro delle truppe italiane da Bala Murghab (e dal Gulistan) era previsto esattamente tra un anno, a fine estate 2013.

La generale accelerazione del ritiro delle truppe internazionali (quest'anno se ne vanno oltre 40 mila del 130 soldati alleati) e l'esigenza di Roma di contenere anche le spese per le missioni all'estero, ha portato alla decisione di anticipare il ritiro da Bala Murghab. Una decisione presa proprio negli ultimi mesi come dimostra l'improvviso stop al trasferimento in Afghanistan del reggimento Lagunari che avrebbe dovuto affiancare gli alpini della brigata Taurinense che in questi giorni stanno avvicendando i bersaglieri della Garibaldi.

Con l'abbandono di Bala Murghab il contingente può fare a meno di uno dei quattro battaglioni di fanteria che si ridurranno a due nel marzo 2013 quando verrà ritirato anche il reparto schierato a Bakwa (Farah) e quello dedito alla ricostruzione civile (Provincial Reconstruction Team) portando le truppe italiane in Afghanistan dai 4.200 effettivi di oggi a meno di 3 mila unità.

La cosiddetta transizione delle competenze di sicurezza lascia però le truppe afghane schierate a Bala Murghab in una situazione tattica precaria ed è forse per questo che il ritiro da quest'area e quello dal Gulistan sono stati effettuati tenendo lontano i reporter e sono stati resi noti solo con sintetici comunicati a cose fatte.

Le truppe di Kabul non hanno neppure i mezzi blindati necessari a pattugliare le piste locali infestate di ordigni esplosivi come la strada per Herat, indispensabile per i rifornimenti. Né dispongono delle forze necessarie a difendere i numerosi avamposti che bloccano ai talebani l'accesso alla valle del Murghab. Difficile pensare che 350 soldati e un pugno di poliziotti afghani possano mantenere il controllo di un'area protetta fino a ieri da 450 italiani e 160 soldati americani con l'appoggio di artiglieria ed elicotteri.

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