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Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2012 alle ore 20:39.

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«Io il comitato ristretto non l'ho convocato proprio. Con venti giornalisti fuori dalla porta non ho voluto passare per cretino e regalare ancora una volta un titolo sullo "stallo" o sul "rinvio" della legge elettorale. Il comitato lo posso convocare ad horam, appena ci sarà un accordo a livello politico». È il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, il socialista Carlo Vizzini, a fotografare la situazione di impasse sulla riforma del Porcellum.

Carosello di incontri tra sherpa
Il dialogo tra tecnici e sherpa va avanti da mesi (stasera l'ennesimo incontro tra il democratico Maurizio Migliavacca e il centrista Lorenzo Cesa e l'ennesimo vertice del Pdl) e i punti da risolvere sono sempre gli stessi: fermo restando l'accordo su un impianto proporzionale con sbarramento al 5% e premio di maggioranza, resta da decidere la modalità di scelta dei parlamentari per superare le vituperate liste bloccate (preferenze o collegi?) e soprattutto resta da decidere la natura del premio.

Sondaggi e spinta per un "Monti-bis"
Che il Pd di Pier Luigi Bersani, in testa nei sondaggi, vorrebbe alla coalizione e del 15% per essere sicuro della vittoria e sventare la soluzione del Monti bis; e il Pdl di Silvio Berlusconi, secondo nei sondaggi, vorrebbe al solo primo partito e del 10% per non regalare una maggioranza certa a Bersani e restare in gioco con un'eventuale proseguimento dell'esperienza della grande coalizione. Sulla stessa linea del Pdl anche l'Udc di Pier Ferdindando Casini, sponsor della prima ora del Monti bis e delle larghe intese. Chiaro che in questa situazione politica, con il sospetto che sta prendendo piede a Largo del Nazareno dei "poteri forti" e dei "banchieri" che spingono per un Monti bis nella prossima legislatura, a sentirsi accerchiato è soprattutto Bersani. Che dunque frena sulla legge elettorale, non volendo rischiare un risultato poco chiaro alle urne.

Bersani e il "patto" Pdl-Udc
Commentando le indiscrezioni di stampa che davano per fatto un patto tra Pdl e Udc sul sistema tedesco puro (proporzionale con collegi e sbarramento al 5% e senza premio di maggioranza), il leader del Pd ha voluto dire forte e chiaro il suo no: «Se mai qualcuno avesse in testa di andare ad un sistema seccamente proporzionale - perché di questo si tratta - portando matematicamente il Paese in una situazione di ingovernabilità, dovrà vedersela con noi. Misuri le forze che ha!», ha detto Bersani dal palco della festa del Pd di Venezia. «La nuova legge elettorale dovrà garantire la governabilità, altrimenti sarà uno tsunami sul Paese. La sera delle elezioni il mondo deve vedere che c'è qualcuno che può governare. Su questo noi saremo fermissimi». Tradotto: se il Pd cederà sul premio al solo primo partito, rinunciando a quello di coalizione, il premio dovrà essere almeno del 15 per cento.

Pd e nodo alternativa
Oppure? È l'alternativa il vero problema di Bersani. Neanche il Pd può permettersi di tornare a votare con la vecchia legge passando per l'affossatore dell'accordo e per il difensore di fatto del vituperato Porcellum. Per questo Vizzini scommette nonostante tutto su una soluzione positiva: «La legge si farà - è la premonizione del presidente della Affari costituzionali di Palazzo Madama -. Non farla sarebbe un suicidio di massa della classe politica mai visto prima». Ma bisogna comunque fare in fretta, come ripete lo sherpa democratico della prima Luciano Violante: per ridisegnare i collegi in base all'ultimo censimento, obbligo previsto dalla Costituzione, occorrono almeno due mesi. E le Camere verranno sciolte con ogni probabilità tra gennaio e febbraio. Le prossime settimane, in ogni caso, saranno decisive.

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