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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2012 alle ore 07:28.

È sulla traiettoria Milano-Roma che Mario Monti lancia la sfida-produttività anche sul piano dei tempi: un mese per portare i primi risultati da mostrare anche ai summit europei dell'8 e 12 ottobre. Per quanto il premier dia un'impronta da sprint alla trattativa di ieri con sindacati e imprese, la sfida resta comunque difficile, almeno quanto quella del risanamento – che è in corso – e della crescita che invece non si vede.
Si vede invece la recessione e un secco segno meno del Pil di oltre due punti, numeri su cui il premier arriva a prendersi parte della responsabilità. «Il Governo ha contribuito ad aggravare la congiuntura economica – già difficile – con i suoi provvedimenti che però serviranno a un risanamento e a una crescita duratura». Un mea culpa "tecnico" che il premier pronuncia di mattina a Milano quando apre il Salone del tessile: tanti imprenditori davanti a lui, gli stessi cui parla di competitività e produttività «basi per la crescita e il lavoro». Del resto, ha già in mente l'appuntamento del pomeriggio: Roma, Palazzo Chigi, incontro con sindacati. Ma è davanti agli imprenditori tessili, che comincia il suo pressing. «Ci aspettiamo ed esigiamo, a nome del Paese, che imprese e sindacati, come il Governo, riescano a fare di più con un impegno diretto e congiunto che deve prevalere sul particolarismo».
Rispolvera quei toni severi da Professore usati in altre occasioni e che lo accompagneranno fino a Roma nel faccia a faccia con le parti sociali. «Recuperare competitività è una sfida necessaria, forse ancora più importante dello spread». Chi pensava che non ci fosse nulla al di sopra di quel differenziale tra titoli italiani e tedeschi ieri ha scoperto che c'è un'altra parola da temere: clup, costo del lavoro per unità di prodotto. Ed è in questa classifica che siamo addirittura peggio della Grecia. «Sul costo del lavoro e sulla produttività, l'Italia è tra i Paesi che hanno peggiorato la posizione a livello internazionale: mentre la Grecia, la Spagna, l'Irlanda e il Portogallo hanno aumentato la produttività ed è diminuito il costo unitario del lavoro, il nostro Paese ha peggiorato». Ecco l'altro spread che ci impegna in nuovi compiti a casa e questa volta non solo con Berlino.
Dunque, il tavolo di consultazione battezzato ieri dal premier si occuperà «non di moderazione salariale ma di come modernizzare le relazioni sindacali». In sostanza significa dare più spazio alla contrattazione decentrata e a salari non uguali per tutti e dappertutto ma legati alla produttività di ciascuna realtà occupazionale. Il Governo, da parte sua, si impegna sul fronte della riduzione del cuneo fiscale «su cui dobbiamo guardare bene dentro».
L'incontro di ieri ha deciso due cose: che la trattativa è di competenza di Corrado Passera e dovrà dare risultati in tempo utile per i summit Ue dell'8 e 12 ottobre. E il premier, infatti, ha raccontato di un'Europa che ha messo nel mirino il nostro deficit di produttività, tema già prioritario tra economisti a fine anni '90. Diventò perfino cavallo di battaglia elettorale con Romano Prodi nelle elezioni – che vinse – nel 2006.
Resta nel premier «la preoccupazione» per un autunno di tensioni sociali anche se promette lo sblocco «di investimenti per 50 miliardi» alla platea di imprenditori tessili. Ed è parlando a loro che propone un'autocritica collettiva: «Non ci sono solo le immagini suggestive della casta. Casta siamo tutti noi italiani che ci siamo abituati a dare la prevalenza al "particulare" sul generale».
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