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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2012 alle ore 12:44.

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È stato sufficiente un trailer su Youtube di un quarto d'ora di un film su Maometto prodotto da Sam Bacile, ebreo americano della California - una grossolana e sgradevole parodia della vita del Profeta - per scatenare una nuova tempesta dalle conseguenze imprevedibili sulla sponda Sud del Mediterraneo, ancora nel pieno dei cambiamenti innescati dalla primavera araba.

Una minoranza radicale del mondo musulmano non mostra alcuna tolleranza nei confronti della satira - in questo caso per la verità di pessimo gusto - e non perde occasione per dimostrarlo. La libera scelta di non leggere un libro o di non vedere un film non viene naturalmente neppure contemplata, come hanno già dimostrato in passato i casi dei Versetti Satanici di Salman Rusdhie e delle vignette su Maometto pubblicate nel 2005 da un giornale danese.

Che tutto questo sia avvenuto nell'undicesimo anniversario dell'11 settembre, e a un mese dall'esecuzione di Gheddafi, può indurre qualche riflessione sull'efficacia e gli effetti reali di guerre e rivolgimenti politici nel mondo arabo-musulmano: non siamo - per lo meno non ancora - in universo politico e culturale più sicuro e migliore di quello di prima, come si afferma a ogni commemorazione dell'11 settembre.

Anche per l'Italia il contesto degli eventi è di interesse diretto e immediato: domani a Roma è prevista la visita del presidente libico Magarief e di quello egiziano Morsi. Vedremo se la missione del libico sarà confermata in una situazione di grande incertezza: stasera a Tripoli dovrebbe votata dal Parlamento anche la nomina del nuovo primo ministro.

L'assalto al consolato americano di Bengasi, preceduto da quello all'ambasciata Usa del Cairo, è costata la vita, secondo al Jazeera, all'ambasciatore americano Christopher Stevens, morto per le esalazioni dell'incendio insieme da altri tre uomini della sicurezza. Ci sarebbe anche un quarto morto di nazionalità non identificata. Di questa notizia non ci sono ancora conferme ufficiali da Washington ma già in mattinata circolavano notizie in questa direzione negli ambienti diplomatici internazionali.

L'allarme sicurezza a Bengasi e in Libia adesso sale al massimo livello. La domanda è se si verificheranno altre manifestazioni di protesta e se nel mirino delle proteste per il film ritenuto blasfemo entreranno altri obitettivi occidentali. Ieri erano in centinaia, forse migliaia, nell'assalto al consolato americano, armati anche con lanciagranate. La polizia ha fatto ben poco per fermarli e anche l'apparato di sicurezza americano, che in questo caso doveva proteggere oltre all'edificio pure l'ambasciatore in visita, non ha retto l'urto. Tutto è avvenuto non lontano dal consolato italiano di Bengasi dove nel febbraio 2006 undici libici rimasero uccisi nelle proteste contro l'allora ministro delle riforme Roberto Calderoli che aveva indossato una maglietta con le vignette anti-Maometto pubblicate da un giornale danese.

Gli eventi di Bengasi destano preoccupazione e sono un ammonimento verso le facili semplificazioni che hanno accompagnato i mutamenti sulla sponda Sud.

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