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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2012 alle ore 08:10.

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Un ritorno all'antico: perché Adidas vestiva l'Italia del rugby ai tempi del primo Mondiale (Nuova Zelanda 1987, quando magari il termine sponsor tecnico non era ancora in voga) e perché nella maglia presentata oggi all'Olimpico di Roma ricompare il colletto, bianco davanti e tricolore dietro, su una divisa che per il resto (loghi a parte) è di un Azzurro "total".

L'accordo con la Fir (che sabato eleggerà il nuovo presidente, scegliendo tra Gianni Amore, Alfredo Gavazzi e Amerino Zatta) andrà avanti fino al 2017, su una base che – considerando le forniture e il contributo economico vero e proprio – è quantificata in circa due milioni di euro all'anno. Per l'occasione, gli indossatori designati erano i nazionali Tommaso Benvenuti, Mirco Bergamasco, Simone Favaro, Edoardo Gori, Alberto Sgarbi e Giulio Toniolatti, in compagnia di due importanti testimonial Adidas di altri sport: l'"americano" Danilo Gallinari per il basket e Flavia Pennetta per il tennis.

Il debutto sul campo è fissato per il 10 novembre, quando la squadra del ct Jacques Brunel affronterà Tonga a Brescia, mentre l'incontro più atteso dell'anno è in programma una settimana dopo, sabato 17 novembre, proprio all'Olimpico: e sarà la prima volta che gli All Blacks neozelandesi, campioni del mondo in carica, giocheranno nel tempio calcistico romano. Dopo aver conosciuto il Dall'Ara di Bologna, il Ferraris di Genova e, soprattutto, il Meazza: nel 2009 tutto esaurito, 80mila spettatori al termine di una settimana che vide Milano in preda alla febbre tuttonera.

La giornata di oggi ha dato modo ad Adidas di lanciare anche uno spot televisivo e una campagna di comunicazione che si chiama "Voci del rugby". Soddisfatti il presidente federale uscente, Giancarlo Dondi, e Jean Michel Granier, ad di Adidas Group Sud Europa, che, probabilmente senza volerlo, tocca un punto delicato: "La maglia svelata oggi – dice – rappresenta il punto di partenza di un percorso intrapreso con gli azzurri del rugby, che ci permetterà di associare le tre strisce a una squadra incredibilmente amata". E' su quell'"incredibilmente" che c'è da riflettere: perché l'amore degli appassionati italiani ha, in effetti, resistito ad anni e anni di sconfitte, raramente interrotte da qualche bella soddisfazione. Chissà che il vento non stia cominciando a girare.

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