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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2012 alle ore 08:32.

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NEW YORK - La tragedia di Bengasi ha fatto irruzione nella campagna elettorale americana. Barack Obama ha risposto duramente alle critiche del rivale repubblicano per la presidenza Mitt Romney, che l'aveva accusato di non difendere i valori degli Stati Uniti e il suolo delle loro rappresentanze diplomatiche.

«Ha una tendenza a sparare prima e mirare poi», ha dichiarato il presidente durante un'intervista al programma 60 Minutes della rete televisiva Cbs. «Come presidente, ho imparato che non si può fare. Che bisogna assicurarsi che le dichiarazioni siano supportate dai fatti. E che sono state esaminate le loro ramificazioni».

La presa di posizione di Romney contro l'amministrazione, davanti all'uccisione di un alto diplomatico americano, ha suscitato un vespaio. Ha rotto con una vera e propria tradizione, un tabù della politica americana: davanti a un'improvvisa tragedia o attacco esterno, la preoccupazione centrale è l'unità del Paese e la credibilità della Casa Bianca. In un motto a lungo ripetuto da democratici e repubblicani: l'America ha un presidente alla volta.

Romney, oltretutto, ha ignorato i fatti nella sua frenesia di criticare il presidente. Ha attribuito a Obama la dichiarazione di un portavoce dell'ambasciata americana al Cairo che condannava il video anti-islamico che ha infiammato le proteste nel mondo islamico. L'ha equiparata a presentare «scuse per i valori americani» della libera espressione, aggiungendo che invece non condannava le aggressioni agli Stati Uniti come avrebbe dovuto. Ma la dichiarazione, in realtà, risaliva addirittura a sei ore prima delle dimostrazioni poi degenerate in violenza, al Cairo e in seguito, sotto l'ombra del terrorismo, a Bengasi. Ed era una dichiarazione di routine e preventiva da parte di un funzonario di un'ambasciata sul campo, preoccupato anzitutto delle tensioni di piazza a intento a miniminizzare i rischi.

Anche numerosi leader repubblicani sono parsi prendere le distanze da Romney. In Congresso nessuno ha criticato il presidente, esprimendo unicamente cordoglio per le vittime. Romney, però, non ha fatto marcia indietro, continuando a criticare il presidente per «mancanza di chiarezza in politica estera». Romney «ha commesso un grave errore diettro l'altro», ha affermato Steve Schmidt, lo stratega della campagna repubblicana di John McCain nel 2008. Un "errore" che, a detta di molti osservatori, mette in dubbio l'esperienza e abilità in politica estera di Romney e dei suoi consiglieri.

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