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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2012 alle ore 06:39.

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ROMA
«Annuncio ufficialmente la mia, che è la nostra, candidatura a guidare l'Italia per i prossimi cinque anni». Dal Veneto, palazzo della Gran Guardia davanti all'Arena di Verona, il sindaco di Firenze Matteo Renzi ha iniziato quel tour – Verona, poi tappa alla diga del Vajont, quindi Belluno e Padova – che, su un camper senza nemmeno un simbolo del Pd, lo porterà in giro per l'Italia nella campagna contro il segretario Pier Luigi Bersani per la leadership del centro-sinistra.
Il sindaco-rottamatore non ha nascosto le ambizioni: «Se giochiamo all'attacco e non ci chiudiamo nel catenaccio il centrosinistra può correre il rischio di vincere. Alle elezioni – ha ribadito riferendosi non alle primarie ma alle politiche – non ho paura di prendere i voti di chi ha votato centrodestra. Voglio stanarvi dalla vostra delusione», ha aggiunto rivolgendosi ai berlusconiani. Pronto l'abbraccio ironico di Angelino Alfano: «Dice cose talmente simili alle nostre e talmente irrealizzabili nel suo campo che se perde le primarie finirà per votare per noi». Ma a difendere Renzi è intervenuto Massimo D'Alema (a cui il sindaco non ha mai risparmiato critiche): «È invece uno dei nostri, certo con le sue opinioni, e alla fine voterà per noi».
In serata, dalla Festa del Pd di Padova, Renzi si è lamentato per i titoli di molti siti internet che avevano intanto sottolineato la sua volontà di intercettare i voti dei delusi da Berlusconi: «Mi hanno chiesto per mesi di parlare di programma e quando lo faccio titolano su questo». Poi ha ricordato quando in passato, proprio in Veneto, il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, disse: «Andiamo a prendere i voti dei delusi della Lega».
Renzi ha chiesto di essere votato perché «venticinque anni fa eravamo senza telefonini, anche i loghi dei partiti erano diversi da quelli di oggi, mentre i leader no, sono gli stessi. Ci candidiamo per dire cosa immaginiamo noi per i prossimi 25 anni. Noi non vogliamo solo cambiare la classe dirigente ma cambiare il futuro dei nostri figli».
Il programma per la corsa alle primarie è ancora in bozza. Renzi lo ha pubblicato sul suo sito, chiedendo ai cittadini di inviare contributi. Al Palazzo della Gran Guardia ne ha ricordato alcuni punti, tanto per rimarcare la sua distanza dall'asse costruito da Bersani con Vendola: «Il problema del diritto del lavoro non è l'articolo 18 – ha spiegato Renzi – non c'è collegamento fra quello e la precarietà».
Bersani chiede la patrimoniale? «C'è già, sono l'Imu e la crisi economica». Niente patrimoniale, insomma, e la riforma Fornero non si tocca. Renzi ha poi voluto togliersi lo sfizio di sfidare Vendola sui diritti civili: «Nei primi cento giorni – ha promesso – ci sarà la Civil Partnership per le coppie gay». Quello che è saltato agli occhi era la mancanza di ogni simbolo Pd sul palco e sui camper, dove campeggiava il motto "Adesso!". Ma Renzi ha glissato: per rappresentare il partito esporre i simboli non serve.
Non ha parlato di alleanze, ma «la foto del Palazzaccio» con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro rappresenta «un modello culturale con il quale il centrosinistra non governerà mai». L'esperienza Monti «ha restituito all'Italia l'idea di un Paese che fa e non rimanda – ha detto Renzi –. Ma Monti non è riuscito ad offrire una speranza». Il sindaco-rottamatore lo farà, promette. E se perderà? Darà una mano al vincitore e tornerà a fare il sindaco. Facendo contento suo figlio di 11 anni che, ha sorriso Renzi, nel timore di vedere papà sempre di meno, «tifa Bersani».
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