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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2012 alle ore 15:13.

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Un appello ai governanti del mondo, e in particolare ai paesi arabi, per una soluzione reale ai conflitti scoppiati in questi giorni ma anche per la sanguinosa guerra civile in Siria. Quello pronunciato oggi all'Angelus dal Papa è stato il punto politicamente più forte del viaggio in Libano.

Nata come missione apostolica a contenuto esclusivamente religioso - come è stato ripetuto per settimana dal Vaticano, proprio per evitare eventuali problemi - nel corso dei tre giorni di permanenza nel paese dei cedri Benedetto XVI ha alzato l'asticella, intrecciando messaggi di pace e riconciliazione che hanno avuto un forte impatto di opinione pubblica nel mondo arabo. In particolare la rimarcatura costante della convivenza pacifica (ora) tra islam e cristianesimo in Libano è stato il mantra volutamente ripetuto nei discorsi, che in alcuni casi sono stati modificati all'ultimo minuto proprio per "sintonizzarli" con maggiore efficacia ai fatti di questi giorni, partiti dall'eccidio di Bengasi e deflagrati nel venerdì di sangue in mezzo mondo arabo.

Ratzinger, ancora una volta, ha sorpreso un po' tutti: non è la prima volta che i suoi viaggi all'estero salgono progressivamente di "tono", e questo è accaduto sia sulle questioni politiche e umanitarie, sia su quelle che riguardano i fatti riguardanti direttamente la chiesa o gravi vicende specifiche, come la pedofilia. La forte attenzione della Santa Sede per il Medio Oriente è ormai un dato acquisito, sia sul fronte religioso, ma sempre più su quello diplomatico. Accanto alla difesa dei cristiani dell'area, sempre più perseguitati e marginali, c'è la volontà di dare un contributo alto in momenti in cui sembrano smarriti i punti di riferimento.

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