Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, gemelli diversi. Dieci modi per leggere il vecchio e il nuovo che avanza
17 settembre 2012
7. Economia e lavoro
Renzi - «Tra Marchionne e la Fiom, io sto dalla parte di chi scommette sul lavoro, della Fiat, di Marchionne. È la prima volta che il Lingotto non chiede soldi agli italiani ma investe in Italia in un progetto industriale». Parole del gennaio 2011. Ora che il progetto Fabbrica Italia vacilla, sulla politica industriale Renzi resta più vago: il programma andrà costruito. Mentre sul caso Alcoa dice: «Restituisca i sussidi avuti finora. La politica non sia subalterna al potere delle multinazionali». Sull'articolo 18, resta fermo: è ancora la coperta di Linus di una certa sinistra. «Io rivedrei l'intero statuto dei lavoratori, riducendo il diritto del lavoro a 50 leggi chiare e traducibili in inglese».
Berlusconi - Ancora non ha deciso se candidarsi, ma ha ripreso gli spottoni da campagna elettorale. A partire dal cavallo di battaglia: via l'Imu (come già fece nel 2006 con l'Ici), perché la casa è «il pilastro su cui ogni famiglia fonda il suo futuro». Il Cavaliere, che aveva preso a suo tempo le difese di Marchionne, non si sbilancia sugli impegni assunti dalla Fiat nel 2010 proprio nei confronti del suo governo. Ma attacca a testa bassa tutto questo rigore insensato: «senza abbassare la pressione fiscale non si uscirà dalla recessione».
©RIPRODUZIONE RISERVATA