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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2012 alle ore 19:40.
L'ultima modifica è del 18 settembre 2012 alle ore 08:11.

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Nella foto l'ad di fiat Sergio Marchionne, il presidente, John Elkann e il premier Mario Monti (Ansa)Nella foto l'ad di fiat Sergio Marchionne, il presidente, John Elkann e il premier Mario Monti (Ansa)

Faccia a faccia Governo-vertici Fiat sulle strategie del Lingotto. Il presidente del Consiglio Mario Monti - si legge in una nota del Governo - ha parlato al telefono con l'ad di Fiat Sergio Marchionne. I due hanno deciso di incontrarsi nel pomeriggio di sabato, a palazzo Chigi. All'ordine del giorno dell'incontro che si terrà nel fine settimana le strategie della casa automobilistica per quanto riguarda l'Italia. Intanto il presidente John Elkann ha risposto a Della Valle, che lo aveva attaccato: «Non capisco il livore che lo anima». La famiglia, ha assicurato, è unita, e dà pieno sostegno all'amministratore delegato.

Al vertice di sabato anche Passera e Fornero
All'incontro parteciperanno, per l'esecutivo, oltre a Monti, il ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera e il ministro del Lavoro Elsa Fornero e, per la Fiat, il presidente John Elkann e lo stesso Marchionne. L'ad ha assicurato - spiega ancora la nota - che «nell'occasione verrà fornito il quadro informativo sulle prospettive strategiche del gruppo Fiat, con particolare riguardo all'Italia».

Elkann: famiglia unita, pieno sostegno a Marchionne
Intanto rimane alta la temperatura dello scontro tra Della Valle e i vertici del Lingotto. «Non capisco il livore che lo anima», ha affermato il presidente della Fiat, John Elkann, a margine dell'inaugurazione della mostra "For president". Elkann ha fatto riferimento al duro attacco del patron della Tod's nei confronti della famiglia Agnelli e del gruppo automobilistico. «Sono abbastanza stupito che alla sua età e con le sue aspirazioni agisca in un modo così irresponsabile. La famiglia - ha poi aggiunto - è assolutamente in sintonia. Siamo tutti estremamente uniti e il nostro sostegno a Marchionne è grandissimo». Il presidente di Fiat ha ricordato che proprio oggi c'è stata una delle riunioni che ogni 3 mesi fa la famiglia. «Noi siamo estremamente consci - ha detto ancora Elkann - delle nostre responsabilità. Siamo orgogliosi, come lo è Sergio Marchionne, di essere parte di un grande gruppo automobilistico. Questo è quello che portiamo avanti, quello che facciamo e le difficoltà che sono presenti in Italia e in Europa le stiamo affrontando. Questo vuol dire - ha concluso il presidente della Fiat - che dobbiamo essere estremamente cauti nel portare avanti il nostro piano di investimenti». Infine: «Il contesto in cui ci muoviamo è difficile, quindi dovremo tenerne conto per gli investimenti. Faremo scelte oculate».

Marchionne: la Fiat non vuole lasciare l'Italia
La Fiat non vuole lasciare l'Italia. «In questa situazione drammatica, io non ho parlato di esuberi, non ho proposto chiusure di stabilimenti, non ho mai detto che voglio andar via»: «non mollo. Mi impegno, ma non posso farlo da solo. Ci vuole un impegno dell'Italia». Così l'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, in un'intervista a Repubblica. «Non sono l'uomo nero», ma «l'Italia dell'auto è precipitata in un buco di mercato senza precedenti», «abbiamo perso di colpo quarant'anni» e qualcuno «vorrebbe che la Fiat si comportasse tranquillamente come prima? O è un'imbecillità pensare a questo, o è una prepotenza, fuori dalla logica».

Marchionne replica anche agli attacchi del patron della Tods', Diego Della Valle. «Tutti parlano a cento all'ora, perché la Fiat è un bersaglio grosso, più delle scarpe di alta qualità e alto prezzo che compravo anch'io fino a qualche tempo fa: adesso non più. Ci sarebbe da domandarsi chi ha dato la cattedra a molti maestri d'automobile improvvisati. Ma significherebbe starnazzare nel pollaio più provinciale che c'è. Fintanto che attaccano, nessun problema. Ma lascino stare la Fiat». L'amministratore delegato del Lingotto risponde anche alle critiche di Cesare Romiti: «Il mondo Fiat che abbiamo creato noi non è più» il suo. «E anche la parola cosmopolita non è una bestemmia».

Il numero uno di Fiat si dice disponibile a incontrare il governo, ma mette i puntini sulle i: «E poi? Sopravvivere alla tempesta con l'aiuto di quella parte dell'azienda che va bene in America del Nord e del Sud, per sostenere l'Italia, mi pare sia un discorso strategico». «Fiat - osserva Marchionne - sta accumulando perdite per 700 milioni in Europa, e sta reggendo sui successi all'estero. Sono le due uniche cose che contano. Se vogliamo confrontarci dobbiamo partire da qui: non si scappa». Il progetto fabbrica Italia era basato «su cento cose, la metà non ci sono più. Io allora puntavo su un mercato che reggeva, ed è crollato, su una riforma del mercato del lavoro, e ho più di 70 cause della Fiom. Tutto è cambiato. E io non sono capace di far finta di niente. Anche perché puoi nasconderli ma i nodi prima o poi vengono al pettine. Ecco siamo in quel momento. Io indico i nodi: parliamone».

Chi «se la sentirebbe di investire in un mercato tramortito dalla crisi, se avesse la certezza non soltanto di non guadagnare un euro - aggiunge Marchionne - ma addirittura di non recuperare i soldi investiti? Con nuovi modelli lanciati oggi spareremmo nell'acqua: un bel risultato». E spiega: «se io avessi lanciato adesso dei nuovi modelli avrebbero fatto la stessa fine della nuova Panda di Pomigliano: la miglior Panda nella storia, 800 milioni di investimento, e il mercato non la prende, perché il mercato non c'è». Le prospettive per le vendite - afferma Marchionne - non sono buone: «Non vedo niente», nessun cambio di mercato «fino al 2014. Per questo investire nel 2012 sarebbe micidiale».

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