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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2012 alle ore 06:38.

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PARIGI. Dal nostro corrispondente
La Francia si trova improvvisamente, e suo malgrado, in prima linea nella battaglia che da alcuni giorni l'Islam radicale sta conducendo contro gli Stati Uniti in particolare e l'Occidente in generale dopo la diffusione del video "Innocence of Muslims".
A spostare i riflettori su Parigi è stata la pubblicazione, ieri, sul settimanale satirico francese Charlie Hebdo di una ventina di vignette, alcune delle quali molto volgari, che ridicolizzano Maometto (nudo in due delle caricature) e le violenti proteste in molti Paesi islamici. «La libertà di sbellicarci dalle risa senza alcun ritegno - scrive il direttore Stéphane Charbonnier, disegnatore con il nome d'arte Charb, nell'editoriale - ci veniva già garantita dalla legge. Ora ci viene data dalla violenza sistematica degli estremisti. Grazie, banda di idioti».
Immediata la reazione del Governo, che in un primo tempo ha disposto il rafforzamento delle misure di sicurezza a protezione delle rappresentanze all'estero e poi ha deciso la chiusura per domani, giorno della preghiera islamica, delle ambasciate, dei consolati e delle scuole francesi in una ventina di Paesi musulmani (il cui elenco non è peraltro stato diffuso). In Tunisia, dove venerdì scorso ci sono state sanguinose manifestazioni e dove il partito islamico al potere ha dichiarato che i fedeli hanno il diritto di protestare, le scuole sono già state chiuse ieri e lo resteranno almeno fino a lunedì. In Egitto scuole e centri culturali saranno chiusi da oggi.
Il premier Jean-Marc Ayrault ha inoltre deciso di vietare una manifestazione prevista per sabato davanti alla grande moschea parigina, mentre si stanno moltiplicando sul web gli appelli a protestare, sempre sabato, al Trocadéro. Nella capitale francese è già scattato il livello massimo di allerta, con misure di sicurezza evidenti. Avenue Gabriel, la strada che passa davanti all'ambasciata americana, è stata chiusa. Così come i giardini che la separano dagli Champs Elysées.
È stata ovviamente rafforzata anche la protezione intorno alla sede di Charlie Hebdo, il cui sito è stato piratato e reso inaccessibile, nel popolare quartiere della Porte de Montreuil.
Ovviamente si è anche riaperto il dibattito su libertà di espressione e senso di responsabilità. Ayrault e il ministro dell'Interno Manuel Valls, pur criticando la decisione di Charb e della redazione, hanno più volte ribadito che «la Francia è un Paese laico in cui la libertà di espressione è garantita, è un diritto fondamentale, quindi anche la libertà di pubblicare vignette». «Capisco - ha aggiunto il premier - che qualcuno possa sentirsi colpito nella propria sensibilità e nella propria fede religiosa. Se ritiene che si sia violata la legge che tutela questi aspetti non ha che rivolgersi alla magistratura. Sarà il tribunale a decidere».
Poche ore dopo una denuncia - per incitamento all'odio e alla discriminazione razziale - è stata presentata contro il settimanale da una fin qui ignota Associazione siriana per la libertà. Mentre la Procura ha aperto un'inchiesta sull'attacco informatico al sito di Charlie Hebdo.
Meno diplomatico di Ayrault e Valls è stato il ministro degli Esteri Laurent Fabius, secondo il quale «versare benzina sul fuoco in questo momento è pericoloso e irresponsabile». Una critica analoga a quella espressa dall'Osservatore Romano e dalla Casa Bianca («Siamo per la libertà di stampa e contro ogni genere di violenza, ma non condividiamo la logica che ha portato alla pubblicazione delle vignette», ha detto il portavoce Jay Carney).
Intanto a Charlie Hebdo si brinda: le 75mila copie (rispetto a una tiratura abituale di 48mila - di cui 13mila in abbonamento - a 2,50 euro) sono state vendute in due ore. Il settimanale sarà nuovamente in edicola domani con una ristampa. L'obiettivo, a portata di mano, è arrivare a 200mila.
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