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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2012 alle ore 06:37.

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ROMA
Incentivi fiscali estesi alle grandi infrastrutture strategiche già in corso o appaltate: sembra una norma ritagliata ad hoc per opere in difficoltà economico-finanziaria, come Brebemi, Pedemontana lombarda e Tem (Tangenziale esterna milanese), soprattutto se gli sgravi dovranno avere esplicitamente l'obiettivo di «assicurare l'equilibrio del piano economico finanziario». Una norma del genere si sta studiando anche al ministero dell'Economia in vista dell'incontro con il ministero delle Infrastrutture sul decreto sviluppo bis.
Dopo l'ipotesi «Iva zero» e quella del credito d'imposta generalizzato del 50%, ispirate dal ministero di Porta Pia nelle bozze del provvedimento e seccamente respinte dal ministero dell'Economia, ora per gli incentivi fiscali alla realizzazione delle infrastrutture con capitali privati si torna al passato: in particolare, si riparte dalla centralità dell'articolo 18 della legge di stabilità 2012 (183/2011), il cosiddetto «Tremonti infrastrutture». Ci sarebbe una disponibilità del Tesoro a una revisione in senso estensivo, pur non allentando troppo i rigidi paletti messi nei mesi scorsi. Questa estensione riguarderebbe, per altro, soltanto le opere già in corso. Per quelle ancora da appaltare, invece, cambierebbe poco o niente.
È stata anticipata già nei giorni scorsi l'ipotesi di un intervento degli sgravi fiscali in soccorso delle grandi opere del Nord in project financing, in particolare Tem e Pedemontana, ma finora queste erano, appunto, solo ipotesi nate nei territori interessati. Ora la conferma che se ne sta discutendo anche a Roma e che non ci sarebbe una chiusura pregiudiziale di Via Venti settembre. Questo non significa che siano stati risolti tutti i problemi, a partire da quelli di copertura. La partita, ancora ferma a livello tecnico, è tutta da giocare la prossima settimana, quando il decreto sviluppo dovrebbe approdare al Consiglio dei ministri.
La norma generale dell'articolo 18 conferma i paletti che già l'Economia aveva imposto nei mesi scorsi. Primo fra tutti, che l'intervento è ammesso solo «riducendo ovvero azzerando il contributo pubblico a fondo perduto». In sostanza, l'attuale sgravio Ires e Irap in favore della società di progetto o alla concessionaria è soltanto sostitutivo di un contributo pubblico già assegnato all'opera.
Questa diga invalicabile dell'Economia resta nella norma generale, mentre la norma per le opere in corso potrebbe prestarsi anche a un'interpretazione diversa. Il richiamo alla necessità di assicurare l'equilibrio del piano economico finanziario, senza il richiamo esplicito (ma solo implicito) al contributo pubblico, potrebbe far prevalere, in chiave interpretativa, la prima esigenza sulla seconda.
È evidente che questa norma non basta, nel suo profilo generale, al ministero delle Infrastrutture che chiede da mesi una misura fiscale più forte e più estesa per ambito di applicazione di quella attuale. In particolare, viene sottolineata proprio la necessità di eliminare il paletto dello "scambio" con il contributo pubblico e la limitazione dell'incentivo a un numero ristretto di opere.
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