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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2012 alle ore 08:17.

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PARMA
Parte dalla Stalingrado conquistata la scorsa primavera l'offensiva del Movimento 5 Stelle per le elezioni politiche. Con un Beppe Grillo scatenato come il suo solito che, tra insulti ai giornalisti («carogne, schiavi degli editori») e al premier Mario Monti («un esorcista all'incontrario»), delinea alcuni capisaldi. Uno: un referendum sulla permanenza nell'euro. Due: il debito pubblico si può decidere di non restituirlo, come sta provando a fare «il piccolo Ecuador» che si ribella al Fondo monetario internazionale o «l'Argentina delle nazionalizzazioni di petrolio ed energia».
Il tema di giornata sarebbe, è, "Dies Iren - la fine degli inceneritori" con il rigetto senza condizioni di quello di Parma (che Iren sta ultimando, ma «per accenderlo dovranno passare sul cadavere del sindaco Pizzarotti», chiosa Grillo) e tutti gli interventi vanno giù pesanti: «Ha 3 miliardi di fatturato e 3 miliardi di debiti, se fosse un'azienda privata sarebbe già fallita», taglia corto Grillo (in realtà al 2011 il fatturato di Iren è di 3,5 miliardi e l'indebitamento a 2,6 miliardi, ma tanto basta per arrotondare) che semplifica ulteriormente «a essere quotata in Borsa non è Iren, è il Pd» che governa a Torino, Genova, Reggio Emilia e Piacenza, le altre città di Iren.
È l'assalto più duro ai partiti, poiché «i festini del Pdl sono briciole a confronto di cosa si mangiano queste persone» riferendosi a Iren e alle multiutilities. Ma Grillo in un passaggio è pessimista: «Sull'inceneritore andrà a finire male qua, lo so, abbiamo contro tutti i poteri forti: industriali e banche, Trasformeranno Parma come Napoli e daranno la colpa a noi».
Ad ascoltarlo meno di duemila persone. Le aspettative erano per il doppio. Un insuccesso e Grillo, animale da palcoscenico, lo riconosce davanti a telecamere e taccuini: «Diranno che è stato un flop, ma io non faccio la vittima». Sul prato anche l'epurato Valentino Tavolazzi e lo sfiduciato Giovanni Favia, che evitano accuratamente le polemiche. «Chi c'è dietro Grillo e Casaleggio? Ci sono io», taglia corto dal palco il leader che spiega la «democrazia senza aggettivi: io non ho mai detto che voglio uscire dall'euro. Ho detto - urla Beppe - che io voglio il referendum senza quorum per fare decidere ai cittadini italiani se stare dentro o no, se diranno sì staremo dentro». E più in generale sulla situazione economica la vede così: «Francia e Germania hanno metà del debito italiano, per questo l'Italia non è fallita» e il custode è «rigor Monti». Su come uscirne Grillo guarda al Sudamerica: «L'Europa è rimasta la colonialista dell'Ottocento, il mondo andrà avanti senza».
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