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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2012 alle ore 17:31.

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Alessandro Sallusti (Olycom)Alessandro Sallusti (Olycom)

«Mai avrei pensato di trovarmi a difendere Sallusti. Non legittimo chi diffama, ma il carcere per un reato di opinione è da periodo fascista»: lo ha detto Antonio Di Pietro, illustrando in conferenza stampa un'interrogazione a risposta immediata sul caso Sallusti. In particolare, il leader dell'Idv chiede ai ministri della Giustizia e a quello per i rapporti col Parlamento, di rivedere il dettato normativo dell'articolo 595 del Codice penale nella parte sanzionatoria in cui si prevede il carcere.

Di Pietro interviene così nel dibattito nato dalla notizia del possibile arresto del direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, a rischio galera per l'omesso controllo di un articolo diffamatorio pubblicato nel 2007 da Libero, giornale di cui all'epoca era direttore.

«Al di là delle valutazioni che si possono fare sul modo di operare di Sallusti, il caso impone una soluzione immediata e certa per la difesa di un principio costituzionale e di una norma di democrazia e civile convivenza. Non si può e non si deve andare in carcere per un reato di opinione», ha sottolineato Di Pietro. Il carcere, ha evidenziato Di Pietro, «è una sanzione così spropositata che rischia di mettere il bavaglio all'informazione e riportare ad un regime non democratico».

Sul caso interviene il segretario della Fnsi, Franco Siddi
E quando mancano meno di due giorni alla data del possibile arresto di Sallusti, anche il segretario della Fnsi, Franco Siddi, interviene sulla vicenda. Le norme che puniscono con la galera i reati d'opinione «sono da cancellare, al più presto», ribadisce Siddi in un editoriale sul sito di Articolo 21, commentando inoltre la notizia, diffusa ieri dai legali del giudice Giuseppe Cocilovo (il magistrato autore della querela che ha portato alla condanna per diffamazione) di un avvio di contatti fra le parti. «Non condividere le idee di Sallusti - prosegue Siddi - è legittimo, contrastarle con altre è esercizio intellettuale e democratico corretto, impedirne la circolazione o considerarle motivo di privazione della libertà personale è una mostruosità sconvolgente contro cui è giusto ribellarsi e chi ne ha la responsabilità deve rispondere facendo subito leggi giuste che servono per la libera convivenza e per non aggiungere un deficit ulteriore di democrazia ai tanti deficit di cui soffre il nostro Paese».

Mercoledì 26 il giorno della verità
Intanto, si susseguono gli appelli dopo l'interessamento due giorni fa anche del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Dal Pdl Alfredo Mantovano ha invocato un decreto legge, «da varare entro martedì» mentre il governatore della Campania Stefano Caldoro chiede che «si intervenga subito». Dalla prima pagina del suo giornale parla anche Sallusti: «Nessun giudice può mandare in carcere qualcuno per le sue idee».

Le prossime ore saranno quindi decisive per vedere se è da un accordo che arriverà la soluzione della vicenda che mercoledì 26 arriverà al giudizio - solo formale - della Corte di Cassazione. Sallusti, che oggi interviene a La7 ospite della trasmissione di Cristina Parodi, sembra voler combattere fino in fondo la sua battaglia per la libertà di opinione: «Io sono disposto a pagare un equo indennizzo, ma non baratto la mia libertà - si legge nell'editoriale pubblicato oggi dal suo giornale - Per questo ho detto no a scorciatoie che i miei nuovi e bravissimi avvocati mi hanno proposto». P

er lui, come per Giovanna Maglie, che firma un editoriale su Libero («Onorevoli sveglia, subito una legge sulla diffamazione»), la strada è quella di una correzione della norma. «La classe dei magistrati che ha partorito questo obbrobrio abbia il coraggio di correggersi o l'impudenza di andare fino in fondo. Non ho paura», scrive ancora Sallusti.

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