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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2012 alle ore 08:32.

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Mario Monti, giunto ieri a New York per partecipare ai lavori dell'Assemblea generale dell'Onu, ha una doppia missione in questo suo quarto viaggio in America. Sul piano politico e multilaterale dovrà ritagliare per l'Italia un ruolo credibile di mediatore/attore per i dossier dove possiamo avere maggiore credibilità.

L'altra missione è economica: a distanza di poco più di sei mesi dagli ultimi incontri Monti si vedrà con investitori a New York per convincerli che la svolta in Europa c'è stata, che l'Italia ha ormai superato la fase più difficile e resta un polo di attrazione per gli investimenti internazionali. Sono due sfide diverse, una multilaterale di politica estera, l'altra bilaterale (Ue-Usa o Italia-Usa) che riguarda l'economia. Da indiscrezioni che abbiamo raccolto in ambienti vicini a Wall Street e fra le persone che parteciperanno agli incontri di questa sera e a quelli di giovedì, è il secondo incontro che potrebbe essere il più delicato per Monti.

Sul piano multilaterale infatti i temi "forti" su cui il suo governo può contare sono tre, ben definiti: le operazioni di Peacekeeping, la questione dei diritti umani e la stabilità del Mediterraneo dopo gli alti e bassi delle primavere arabe e soprattutto dopo i recenti incidenti anti occidentali. Nel peacekeeping siamo il 6° contributore nella graduatoria Onu con un bilancio di 370 milioni di dollari e circa 6000 uomini schierati al fronte fra caschi blu in Libano e operazioni su mandato dell'Onu sia in Afghanistan che in Kosovo. Siamo anche il 6° contributore al bilancio ordinario dell'Onu con 120 milioni di dollari. Cosa che ci consentirà di far valere sul piano istituzionale i diritti dell'Italia nel contribuire al processo di riforma del consiglio di Sicurezza dell'Onu.

Diversa è la situazione sul fronte economico. A Febbraio Monti aveva detto ai suoi interlocutori a New York che se avessero comprato titoli rappresentativi del debito sovrano italiano l'estate scorsa avrebbero fatto ottimi affari. Lo stesso non avrebbe potuto dire lo scorso luglio. Ma oggi, di nuovo la situazione è più stabile. Basta? Non basta da quel che abbiamo sentito a Wall Street. Gli interlocutori americani vogliono garanzie di tenuta di questa stabilità. Soprattutto vogliono capire perché l'Italia non firma l'accordo per avere accesso al fondo salva-stati che garantirà una continuità degli interventi della Bce il completamento del processo di riforme oltre a fornire un alibi per prossimi capi di governo per intraprendere scelte difficili sul piano politico.

Su questo ultimo punto la risposta di Monti possiamo immaginarla: l'Italia ha già dimostrato di essere in grado di riformarsi; mettere dei paletti precisi davanti al mercato potrebbe essere controproducente. Ma il tema resta caldo e Monti potrebbe confrontarsi con domande anche molto precise. Dopo il suo arrivo a New York ieri il presidente del Consiglio ha partecipato al primo "mingling", al primo incontro "sociale" con 120 capi di stato e di governo, ospite al Warldof Astoria di Barack Obama, che ha offerto una cena per i capi delegazione giunte a New York per i lavori delle Nazioni Unite. Da questa mattina vi sarà l'inaugurazione dell'Assemblea Generale, l'atteso discorso del Presidente Barack Obama, l'incontro di Monti con il segretario generale Ban Ki Moon e una serie di incontri bilaterali. Al centro dei lavori, restano la Siria e l'apparente brusco risveglio dalla luna di miele con le primavere Arabe.

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