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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2012 alle ore 06:38.

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BARI
«Con abuso dei poteri e violazione dei doveri di magistrato», avrebbe "aiutato" Gianpaolo Tarantini e Silvio Berlusconi a «eludere le indagini sul caso Escort» della Procura di Bari, per «favorire indirettamente l'immagine istituzionale» dell'ex presidente del Consiglio.
Un capo d'imputazione che pesa come un macigno per il procuratore capo di Bari Antonio Laudati, che ieri si è visto recapitare dalla Procura della Repubblica di Lecce l'avviso di chiusura delle indagini sui "fanghi e veleni" tra magistrati. «Chiedo di essere interrogato su ipotesi di reato per le quali avverto non poche difficoltà a individuare gli elementi costitutivi», ha più volte detto Laudati. Con lui è indagato anche l'ex pm titolare del fascicolo escort, Giuseppe Scelsi, accusato di aver sottoposto ad intercettazione illegale la collega Desirèe Digeronimo, che indagava sulla sanità pugliese, «affinché fosse costretta ad astenersi dal procedimento».
L'inchiesta è una sola, anche se presenta due diversi filoni che si fondano in una guerra di "veleni" attorno alle indagini più delicate della Procura di Bari, quella sulle prostitute a Berlusconi e sul sistema di tangenti e spartizione "secondo manuale Cencelli" attorno alla sanità della Regione Puglia. Da una parte c'è Laudati e il suo presunto interessamento a "eludere" le indagini sull'ex presidente del Consiglio, dall'altra il conflitto tra i pm Scelsi e Digeronimo, con la successiva decisione dello stesso Laudati di avviare ulteriori indagini "illegittime" sull'operato di entrambi i magistrati nelle rispettive inchieste.
Secondo il procuratore di Lecce Cataldo Motta e l'aggiunto Antonio De Donno, Laudati avrebbe «aiutato Tarantini e gli altri indagati del procedimento ad eludere le indagini (…) nel quale era coinvolto quale fruitore delle prestazioni sessuali il presidente del Consiglio Berlusconi». In particolare, avrebbe "aiutato" lo stesso Berlusconi «ad eludere le indagini, dirette ad accertare anche l'eventuale suo concorso nei reati» disponendo nel corso di una riunione del 26 giugno 2009 alla scuola Allievi della Gdf di Bari, tre mesi prima del suo formale insediamento come procuratore, che «le indagini venissero sospese e non si adottasse alcuna iniziativa fino a quando non avesse assunto le funzioni». Così facendo – ritiene Motta – avrebbe «impedito l'assunzione di sommarie informazioni delle escort non ancora ascoltate», causando "intralcio" all'inchiesta e mettendo a repentaglio anche «la genuinità ed efficacia delle dichiarazioni» delle donne che avrebbero potuto svelare condotte penalmente rilevanti di Berlusconi.
Il secondo filone è dedicato al conflitto nato tra i due pm baresi, quando a luglio 2009 saltano fuori dalle intercettazioni del fascicolo della Digeronimo conversazioni tra Tedesco e il fratello del pm Scelsi, un noto medico. Nulla di penalmente rilevante, salvo svelare una profonda conoscenza degli affari in cui è implicato Giampi Tarantini. Un motivo di astensione per il pm Scelsi, che a sua volta avrebbe avviato intercettazioni illegali sulla Digeronimo, col fine di portarle via l'indagine sulla sanità. In questo contesto entra in gioco a settembre 2009 Laudati che avrebbe disposto un «abusivo controllo» sia su Scelsi sia sulla Digeronimo, «nella possibilità che, sulla base di siffatti illeciti accertamenti, si avviasse nei loro confronti un procedimento penale o disciplinare».
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