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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2012 alle ore 06:38.

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Riprende quota l'ipotesi di una ristrutturazione "light" del debito greco per colmare il deficit di finanziamento, a carico questa volta dei creditori pubblici, Banca centrale europea in testa. Da Berlino, però, arriva uno stop immediato. Intanto Atene quantifica per la prima volta, in 13-15 miliardi, il fabbisogno aggiuntivo per prolungare di due anni la scadenza degli obiettivi di risanamento.
A evocare lo scenario della ristrutturazione del debito in maniera esplicita è stato ieri il ministro aggiunto delle Finanze, Christos Staikouras, rispondendo a un quesito parlamentare: «La Bce e altre banche centrali nazionali - ha spiegato Staikouras - detengono 28 miliardi di euro di bond greci in scadenza entro il 2016, che potrebbero richiedere un riscadenziamento a causa delle difficoltà finanziarie del Paese». In questo senso sembravano andare anche le dichiarazioni del direttore generale dell'Fmi, Christine Lagarde, intervenuta lunedì sera al Peterson Institute di Washington. La Grecia - aveva sottolineato Lagarde - ha un gap finanziario che non si risolverà con le misure di austerity in discussione, perché la debolezza dell'economia e il ritardo nelle privatizzazioni hanno peggiorato il suo quadro di bilancio. «Bisognerà considerare parte dell'equazione il debito greco», aveva aggiunto. Soprattutto in presenza di un obiettivo, tuttora valido, di riduzione del debito pubblico al 120% del Pil entro il 2020.
L'ipotesi di un ulteriore intervento sul debito ellenico - dopo il pesante haircut (oltre 100 miliardi) su quello in mano ai creditori privati operato per avere accesso al secondo pacchetto di aiuti internazionali - non è nuova e gli stessi economisti dell'Fmi l'avevano messa in campo in marzo. Ieri però il fatto che sia stato il Governo greco a farla trapelare, sebbene Staikouras abbia successivamente minimizzato, ha suscitato immediate reazioni, soprattutto tedesche. Prudente quella del ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, che ha invitato a evitare speculazioni; perentoria quella di Jörg Asmussen, membro tedesco del direttorio Bce, che, in un'intervista al quotidiano Die Welt in edicola oggi, ha dichiarato che «una ristrutturazione a spese della Bce non è proponibile, perché ciò corrisponderebbe a un finanziamento monetario di uno Stato, ipotesi vietata» dallo statuto.
Intanto, in attesa del rapporto della troika (Ue, Fmi e Bce) sui tagli di bilancio da 11,5 miliardi che la Grecia dovrebbe attuare entro il 2014 per ottenere la prossima tranche del secondo pacchetto di aiuti, Atene insiste per una proroga di due anni delle misure. Ieri il ministro delle Finanze, Yannis Storunaras, ha dichiarato all'agenzia Reuters che il deficit di fondi che si verrebbe a creare con questo rinvio «è stimato in 13-15 miliardi di euro». Aggiungendo che questo gap sarebbe tuttavia colmato senza chiedere ulteriori aiuti. L'ipotesi a cui le autorità greche lavorano è una copertura tramite l'emissione di debiti a breve termine e l'abbassamento dei tassi di interesse. L'imperativo è evitare a tutti i costi un'ulteriore - e molto problematica - richiesta di denaro ai partner europei.
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