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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2012 alle ore 06:37.

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ROMA
Super deficit, super ticket e super addizionali. Al peggio non c'è mai fine per i contribuenti, quelli onesti s'intende. Le Regioni che collezionano perdite a valanga nella gestione di asl e opedali, infatti, non solo infliggono ai loro assistiti un servizio sanitario peggiore, ma li costringono ad aprire due volte di più il portafoglio. Per ticket più salati e addizionali Irpef ai livelli più alti. Provare per credere: Calabria, Campania e Molise, commissariate per la spesa sanitaria sotto un macigno di 7,3 miliardi accertati (per difetto) di rosso dal 2001 a oggi, hanno le maxi addizionali Irpef al 2,03%. Seguite guarda caso a quota 1,73% da Lazio, Sicilia e Puglia che hanno scavato un buco nei conti di ben 17 miliardi.
Croce (per i conti) e delizia (per chi ha barato, corrotto e fatto affari illeciti) dei bilanci regionali, la spesa sanitaria rappresenta per i governatori la partita delle partite. Che dopo gli scandali dei costi della politica locale, rischia però di finire davvero male per le Regioni nel confronto sempre aperto col Governo che accusano di aver tagliato fondi alla salute per 22 miliardi dal 2010. «La sanità sarà ingestibile», accusano. «Ma chi lo spiega ora alla gente che ci servono soldi per la sanità e per il trasporto locale quando saltano fuori gli sprechi delle spese pazze per consiglieri e gruppi politici? Chi ci crederà più», è l'allarme che circola tra i governatori.
Certo che il fiume di denaro destinato alla sanità dal 2001 a oggi è di tutto rispetto. Oltre 1 milione di miliardi fino al 2011, che diventano quasi 1,2 fino al 2012. Con un finanziamento iniziale al Fondo sanitario nazionale che è schizzato da 73 a 112 miliardi, il 53,5% in più. E con un disavanzo totale che nel decennio ha superato i 40 miliardi, dove Lazio (10,9 miliardi), Campania (5,2), Sicilia (4,5), hanno rappresentato il triangolo rosso per eccellenza, con tutto il Sud in panne e la Calabria che ufficialmente (dati dell'Economia) avrebbe realizzato un disavanzo di "soli" 1,4 miliardi perché per anni la sua contabilità è stata "raccontata" («contabilità omerica», la definì Giulio Tremonti), mai dimostrata. Addirittura per anni ha denunciato un attivo.
Va da sé che anche la Calabria è commissariata, che fa pagare super addizionali e impone super ticket. E che è finita, dopo il Lazio, e come la Campania, nel frullatore mediatico delle spese allegre per la politica locale. Mentre gli scandali in sanità ormai investono un giorno sì e l'altro pure giunte di ogni colore. Con le Procure della repubblica e della Corte dei conti in pista e procedimenti che rischiano di scuotere anche amministrazioni che vantano eccellenza sia nei conti che nelle cure. Il caso Lombardia con l'inchiesta su Formigoni è la punta dell'iceberg, certo tutta da provare, di quanto possa valere il tesoro della sanità e quanti appetiti stimoli. Un boccone ghiotto.
Intanto cresce sempre di più il peso della spesa di asl e ospedali sulla spesa totale delle Regioni. Nel 2011, secondo la Corte dei conti, ha toccato a livello nazionale il 74,5%, ma nelle Regioni a statuto ordinario vale l'81,3% di tutta le spesa corrente locale, contro il 51,7% delle Regioni "speciali". Col Veneto (88,7%), l'Emilia Romagna (86,3), e la Puglia (84,9) in testa.
E ora tocca applicare la spending review, con tanto prezzi di riferimento ma anche di tagli a posti letto, ospedali e primari. Poi ci sarà il "Patto per la salute" entro metà novembre col fardello dei nuovi ticket. Il presente è il "decreto Balduzzi" proprio ieri bocciato dai governatori. Che intanto, sempre ieri, hanno rinviato al mittente (il Governo) il taglio da 900 milioni dei fondi 2012: noi paghiamo solo 500 milioni (e non di spesa corrente), hanno fatto sapere in conferenza Stato-Regioni, gli altri vadano sul conto del ministero. Chissà se sarà un'altra partita persa dopo la scoperta delle imprese del Batman laziale, e forse non solo.
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