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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2012 alle ore 06:41.

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ROMA
«Ingroia morirà» ha detto ieri mattina una voce al centralino del Tribunale di Palermo. La procura di Caltanissetta ha aperto un fascicolo sulla vicenda. «Sono tranquillo» ha detto Ingroia. L'atmosfera, comunque, si fa più pesante.
Entro ottobre la Corte costituzionale potrebbe iniziare l'analisi del ricorso sul conflitto d'attribuzione per le intercettazioni tra il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e l'ex ministro Nicola Mancino. Prima, però, la Consulta chiede che vengano consegnati i "brogliacci", cioè le sintesi delle intercettazioni, nonchè un elenco completo delle telefonate e le carte sugli stralci dell'inchiesta.
Una richiesta che non ha raccolto l'entusiasmo degli inquirenti palermitani, occupati a scrivere la memoria che dovrà essere consegnata entro metà ottobre. Così gli avvocati dei pubblici ministeri, Alessandro Pace, Giovanni Serges e Mario Serio, dovranno presentare anche le loro osservazioni sulle richieste della Corte giudicate «anomale» da Ingroia. «La Consulta deve decidere su una questione di principio: se avevamo o meno l'obbligo di distruggere le intercettazioni, non sul numero o sul contenuto» ha spiegato il procuratore aggiunto. Ma il tempo stringe ed è comunque probabile, al di là dei malumori, che la Procura asseconderà la volontà della Consulta.
Inoltre per l'Anm (Associazione nazionale magistrati) non c'è stata nessuna «invasione di campo» da parte della Corte costituzionale che «ha esercitato un potere previsto dalla legge e dunque non sta compiendo una sorta di controllo sul comportamento della procura di Palermo».
«L'esercizio di un potere espressamente previsto dalla legge non può essere considerato - dice il presidente Rodolfo Sabelli - come una forma di controllo in sè sull'operato di un ufficio giudiziario, ma è funzionale a consentire alla Corte le proprie decisioni».
Resta poi il dilemma, che spacca la politica, sulla costituzione del governo come parte civile al processo di Palermo. A dividere non era solo una data, se cioè il governo debba costituirsi subito parte civile nel processo sulla trattativa Stato-mafia che si avvierà il 29 ottobre a Palermo, o più avanti, una volta vagliate carte e posizioni. Alla fine la Camera ieri ha deciso di studiare le carte per motivare la sua costituzione di parte civile che avverrà più avanti e non il 29 ottobre, come le norme permettono. Lo scontro politico è andato avanti per tutta la giornata nel tentativo di trovare una linea comune. Da una parte Pd, Pdl, Udc e una parte di Fli. Dall'altra l'Idv e la Lega che hanno sostenuto la scelta «di principio» di costituirsi subito parte civile a Palermo. Il ministro della Giustizia, Paola Severino, ha spiegato le ragioni tecniche: la necessità di acquisire gli atti per motivare la richiesta di costituzione di parte civile «è ineludibile» per assumere una «motivata decisione».
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