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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2012 alle ore 20:22.

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Lui, uomo di diritto e di parola, era convinto che nelle tavole della legge o di quelle della deontologia si potessero scolpire le regole della buona condotta e della trasparenza.

Forse per questo Pier Luigi Vigna, una volta passata la guida della Procura nazionale antimafia al comando di Piero Grasso, ha dedicato anni di studi (e applicazioni) ai codici e alle regole.

Con Giovanni Fiandaca e Donato Masciandaro nel luglio 2008 aveva dato vita a sette capitoli e 61 articoli che costituivano una rivoluzione per il mondo delle imprese. Quel lavoro era il "Codice antimafia", una proposta di governante voluta da Italcementi che passa dalla selezione accurata dei dipendenti alla scelta dei fornitori e dei clienti, proseguendo con la tracciabilità dei sistemi di pagamento che, soltanto dopo, divenne tra i caposaldi della lotta al riciclaggio.

Il codice antimafia era stato pensato per alzare un muro contro le infiltrazioni delle mafie al Sud ma la realtà è che oggi quelle accortezze devono valere ovunque. A maggior ragione nel Nord, terra di conquista delle mafie e non è un caso che il 26 marzo di quest'anno, a Bergamo, la stessa Italcementi, con Calcestruzzi, Confindustria Lombardia e prefettura, abbiano firmato un patto territoriale di legalità con i sindacati alla presenza del ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri. Alla base del patto di legalità ci sono proprio quei 61 articoli voluti con forza da Vigna e dai suoi compagni di viaggio.

Più o meno in contemporanea Vigna fu chiamato dalla Regione Sicilia, allora come oggi attraversata da continui scandali. Nel gennaio 2009 la Regione gli chiese di elaborare un codice antimafia e anticorruzione nella pubblica amministrazione. Un compito da far tremare i polsi ma Vigna appena sette mesi dopo mise la Presidenza della Regione Sicilia in grado di approvare il testo, una sorta di codice comportamentale del pubblico dipendente, ove sono indicate alcune regole alle quali attenersi per il buon funzionamento dell'amministrazione e per garantire l'impermeabilità del sistema amministrativo ai fenomeni mafiosi e corruttivi. Ancora una volta, anche questo testo, aveva a fondamento la trasparenza degli appalti, le procedure di aggiudicazione e la vigilanza. Il codice fu accompagnato da alcune linee guida relativa ad una possibile implementazione della normativa regionale siciliana con riferimento all'Osservatorio regionale dei lavori pubblici, al Patto per la sicurezza e regolarità sul lavoro, alla compatibilità ambientale e ad elementi di valutazione dell'offerta e per il contrasto all'abuso del finanziamento pubblico alle imprese.

Come tutti i codici – ma di questo ne era per primo consapevole lo stesso Vigna – anche quello della Regione Sicilia era migliorabile e a dicembre 2011, nella Gazzetta regionale, sono state pubblicate le regole integrative volute dall'assessore alle Autonomie locali e la Funzione pubblica Caterina Chinnici, figlia del magistrato Rocco ucciso da Cosa nostra. A essere perfezionate, in particolare, sono state la rotazione periodica del personale, il rispetto dell'ordine cronologico nella trattazione delle pratiche e l' identificazione di coloro che accedono ai pubblici uffici.

Nel giugno 2011 accetto la presidenza onoraria dell'Osservatorio antimafia di San Marino. Come sempre affrontò di petto l'impegno. Aveva capito che era una nuova sfida da affrontare. Oltretutto non troppo lontana dalla sua amata Toscana
http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com

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