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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2012 alle ore 17:12.

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Cresce la produzione, migliorano leggermente valore aggiunto e redditività, che però restano su livelli modesti, frenano gli investimenti fissi, peggiora la solidità finanziaria. Ma soprattutto si fa sempre più soffocante il peso del fisco, che "sbriciola" una grossa fetta di utili e vanifica gli sforzi fatti per resistere alla crisi: le tasse rappresentano il 56% del risultato lordo delle società e l'8,5% del valore aggiunto. Dati che emergono dal rapporto realizzato da Infocamere su un campione di 350mila bilanci consegnati dalle imprese italiane alle Camere di commercio e rielaborati in tempi record, come sottolinea il direttore generale Valerio Zappalà. Un bacino "stabile" di aziende, messe sotto la lente nel periodo 2009-2011, che copre il 35% del totale delle società di capitali attive nel nostro Paese.

Soffocati dalle tasse
Dal report emerge che le imposte sono aumentate di oltre il 23% nell'arco del triennio, a fronte di una crescita del 17,6% dei fatturati. Rispetto al 2009, le imprese hanno registrato un trend positivo dei risultati, piuttosto forte nel 2010 e in deciso rallentamento nel 2011. «Visto il flop della domanda interna, in particolare nel secondo semestre dello scorso anno - spiega Matteo Caroli, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese internazionali all'Università Luiss di Roma e tra i curatori dello studio -, il buon andamento delle vendite riflette chiaramente il rafforzamento della posizione internazionale delle nostre aziende più strutturate, confermato dai dati positivi sull'export». Secondo Caroli, però, «l'elevata quota di risorse destinate al fisco costringe le imprese a comprimere le quote di valore aggiunto da distribuire, riduce la capacità di accumulare capitale e quindi, a parità di altre condizioni, la spinta a realizzare nuovi investimenti».

Infatti solo l'1,3% del valore della produzione si trasforma in utile netto. Non stupisce, quindi, che tra il 2009 e il 2011 le immobilizzazioni materiali (terreni e fabbricati, impianti e macchinari) siano aumentate solo dell'8%, quelle finanziarie del 5%, mentre quelle immateriali (brevetti e costi di ricerca) addirittura diminuite di oltre il 10 per cento. «La limitata dinamica degli investimenti fissi - avverte Caroli - pone un grosso interrogativo sulla competitività di medio-lungo termine».

Resiste chi cresce
Lo studio di Infocamere evidenzia un legame a doppio filo tra crescita, redditività e dimensione aziendale. Le micro-imprese (che rappresentano l'82% del campione con un fatturato fino a 2 milioni di euro) registrano tra il 2009 e il 2011 un flop del valore della produzione di quasi il 10% e un crollo dell'utile ante imposte del 75%, subìto per intero nel 2011 dopo un aumento segnato l'anno precedente. Più forte rispetto alla media è stato poi il peso delle imposte, che si sono "mangiate" il 67% del risultato economico lordo. Le performance migliorano al crescere della dimensione: nelle piccole aziende il valore della produzione aumenta nel triennio del 16,4% e le imposte pesano per il 55%; in quelle medie il giro d'affari cresce del 23% e in quelle grandi del 25%, con un peso delle tasse per queste ultime del 45 per cento.

Settori e territori
Restringendo l'obiettivo sui settori, il peso delle imposte si attesta al 48,8% per l'industria manifatturiera, al 49,2% per il commercio e addirittura al 77% nell'edilizia e all'81,7% nei trasporti. La morsa del fisco si allenta solo per assicurazioni e credito (28,8%). Sul fronte delle performance, il comparto "manifatturiero, energia e minerario" - che realizza il 44% del fatturato complessivo e oltre la metà del reddito netto - dal 2009 ha aumentato il valore della produzione di oltre il 26% (e l'utile netto del 100%), il commercio ha visto crescere le vendite del 16%, meno brillante il risultato delle imprese dei servizi (+6%), mentre di segno decisamente negativo è il trend dell'edilizia (-60% l'utile netto). «Soffrono di più le imprese di servizi - rileva Caroli - anche perché hanno una minore vocazione a internazionalizzarsi, a differenza di quelle manifatturiere che riescono a trovare all'estero opportunità di business».

Sul piano geografico, l'elaborazione di Infocamere sottolinea la forte concentrazione dei risultati economici: oltre il 46% del valore della produzione è realizzato dalle imprese di capitali attive nel Nord-Ovest, mentre quelle del Nord-Est generano più del 27%: dal Centro arriva il 19% del fatturato e dal Mezzogiorno appena l'8 per cento. Al Nord, poi, si registra una dinamica decisamente migliore in termini di crescita dei volumi di vendita e di redditività.

«A zavorrare i risultati del Sud - conclude Caroli - è la maggior presenza di micro e piccole imprese, focalizzate prevalentemente sul mercato interno, che avvertono di più il peso delle imposte e realizzano una redditività molto bassa o addirittura negativa».

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