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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2012 alle ore 18:50.

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Ai giornalisti ammessi in aula la sicurezza vaticana ha ritirato anche le penne, e ne ha fornite di "sicure". La bonifica della piccola aula del Tribunale vaticano – per la prima volta nella sua storia sotto i riflettori dei media mondiali – è stato totale: niente telecamere, macchine fotografiche, registratori, cellulari. Carta e penna e basta, per riferire della prima seduta del processo a carica di Paolo Gabriele, l'ex aiutate di camera di camera di Benedetto XVI accusatori furto aggravato, reato per il quale rischia fino a sei anni di carcere.

Ma la tabella di marcia imposta dai giudici vaticani è chiara: si chiuderà entro una settimana. La sentenza, infatti, è attesa per sabato prossimo, data entro cui si terranno quattro udienze (la prossima martedì, con l'interrogatorio di Gabriele). Tempi stretti imposti – pare – direttamente dall'Appartamento, che vuole, evitare una prolungata sovraesposizione mediatica. Specie alla vigilia dell'apertura del Sinodo sull'evangelizzazione – che parte il lunedì successivo – evento centrale nell'agenda della Chiesa. Molta attesa inoltre c'è per la testimonianza del segretario del Papa, monsignor Georg Gaenswein, che per primo parlò a Gabriele (di fronte ad altri) dei sospetti che si erano su lui concentrati.

In attesa quindi dlela ripresa del processo dalle mure leonine arrivano messaggi ai media. "Certo, il negativo di persone e fatti non va taciuto, ma se voi l'avete sofferto, l'avete superato attingendo luce dalla Pasqua, troverete il modo adeguato per comunicarlo" ha detto il Sostituito alla segreteria di Stato, Angelo Becciu, ai giornalisti, formulato celebrando la messa per san Gabriele, patrono della Radio Vaticana, presso l'emittente pontificia.

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