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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2012 alle ore 08:12.

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COURMAYEUR - L'Italia sta pagando un prezzo molto alto in termini di costo del credito anche per l'alto grado di rischio percepito dagli investitori internazionali sui livelli di corruzione e di inefficienza del sistema giudiziario. Le vicende dell'amministrazione regionale del Lazio rimbalzano tra giuristi e rappresentanti delle principali istituzioni internazionali dal Fondo Monetario internazionale alla Banca Mondiale a quelle nazionali come Banca d'Italia, riuniti al congresso del Cnpds e della Fondazione Courmayeur su «Riciclaggio e corruzione». Tra accelerazioni e ritardi, tutti concordi nel dire che il governo Monti ha avviato riforme importanti per rafforzare il quadro legale contro la corruzione e l'evasione fiscale. Ma c'è ancora molto da fare per sostenere l'attività nel settore pubblico: tra i paesi dell'Ocse l'Italia risulta insieme alla Grecia l'area dove la gestione delle attività è più a rischio in termini di corruzione, burocrazia ed evasione fiscale. L'Italia è strettamente monitorata dal Fmi non solo per le riforme del mercato del lavoro e dei servizi, ma anche per gli aspetti legati al miglioramento del sistema giudiziario come il rapporto annuale del Fondo ha messo in evidenza.

«Il governo italiano ha preso misure importanti in materia di corruzione, ora è importante andare avanti», ha commentato Gianluca Esposito, senior counsel del Fmi. Una buona governance incide sulle scelte degli investitori internazionali e in ultima istanza sulla capacità di crescita del paese. Esposito ha ricordato come l'Italia sia uno dei pochi paesi europei a non avere introdotto il reato di autoriciclaggio uno strumento utile per rompere il legame tra riciclaggio ed evasione fiscale.

Il Fmi stima che a livello mondiale il denaro riciclato equivalga al 3-5% del Pil, ovvero tra 600 miliardi e 1,8 mila miliardi di dollari, di cui una parte rilevante proveniente da reati di corruzione: in Italia secondo la Corte dei Conti le attività illecite sono nell'ordine di 60 miliardi di euro. «La corruzione e la qualità delle istituzioni sono elementi chiave per lo sviluppo di un paese», gli fa eco Francesca Recanatini senior economist della Banca mondiale: una survey internazionale stima il valore delle tangenti tra il 10% e il 30% del costo del contratto, «risorse che la pubblica amministrazione potrebbe impiegare in modo più efficiente». Secondo l'economista non basta approvare nuove leggi per rendere efficiente un sistema «è necessario che vengano applicate». Ma soprattutto non si può prescindere dalla politica: «I leader politici devono dare l'esempio altrimenti è difficle cambiare il sistema». I più colpiti sono i cittadini e le imprese che pagano un costo in termini di servizi e di finanziamenti perché secondo quanto riferito da Leonardo Borlini, docente della Bocconi a più alti livelli di corruzione sono associati più alti costi del credito. Da qui le ricadute sugli investimenti esteri e sulle entrate pubbliche: un peggioramento dell'indice di corruzione provoca una diminuzione dell'1,5% delle entrate pubbliche sul Pil. C'è chi mette in guardia dal demandare al diritto penale come l'argine ultimo all'anti corruzione, secondo il penalista Alberto Alessandri che chiosa: «Il diritto non può sostituirsi alla politica».

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