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Cibo tecno, libri di carta, scienza gratis e online. Ecco dove andiamo nell'anno della guerra dei tablet

Il salone europeo dell'innovazione e della ricerca di Trieste ha fatto sintesi di economia, scienza, cultura e ambiente mediati dalla tecnologia. Tre dei protagonisti di questi incontri ci hanno parlato di cibo, libri e ricerca scientifica, conoscenza online e gratuita nell'anno della guerra dei tablet fra i colossi dell'hi-tech

3. Scienza online e gratuita: lasciate perdete il vero e falso. Chiedetevi: è utile?

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Cameron Neylon è un biofisico inglese appassionato sostenitore di scienza aperta a tutti tramite il web; sogna un sistema unico e organico a cui non tanto e non solo i semplici utenti quanto i ricercatori da tutto il mondo possano connettersi, accedere liberamente alle informazioni, integrare quello che trovano con i propri dati. Dalla discussione con il professor Neylon oggi advocacy director della Public Library of Science salta fuori un mix di idealismo e pragmatismo: Neylon punta a un 40-50% di risultati della ricerca scientifica accessibile e gratuito nel prossimo futuro ma invita ad abbandonare le categorie del vero-falso applicate a quello che si trova online e puntare sul concetto di utile e su ciò su cui si può far affidamento. Giudica l'obiezione «internet è un coacervo di vero e falso fra loro difficilmente distiguibili» cruciale ma non finale. Non potrebbe essere diversamente visto che come scienziato esclama «la maggior parte di quello che oggi sappiamo potrebbe essere sbagliato» e guarda stupito quando si osserva che forse è meglio che non tutto sia accessibile.

Neylon concede che vi sono «rischi ovvi» della scienza aperta che riguardano la ricerca clinica ma, di nuovo, invoca realismo: «Sono pragmatico: il punto d'arrivo è investire soldi anche pubblici per la ricerca scientifica nel modo più efficace possibile e che questi risultati siano il più possibile fruibili e fruiti. Ci sono certo questioni legali, etiche e relative alla sicurezza e c'è da fare una valutazione dei rischi, bisogna trovare un bilanciamento fra le due cose ma in certi casi il risultato vale il rischio».
Continua: «Internet si è sviluppata moltissimo rispetto al 1995, anno in cui ho preso il mio dottorato alla Soutampton University. È da allora che mi interesso al modo in cui il web può diventare davvero efficace per la scienza, essere al suo servizio, più efficiente anche dal punto di vista finanziario. Possiamo dire che l'obiettivo è raggiungere il miglior rapporto qualità-prezzo. Il mio lavoro è sempre stato quello di guardare alle caratteristiche del web e combinarle con la ricerca scientifica».

Lavoro scientifico aperto, spiega Neylon, vuole dire che «deve essere accessibile, online e che lo sia il prima possibile in modo che le persone imparino i software utili ad accedere a queste conoscenze, capiscano da dove attingono le informazioni e ne fruiscano in modo legale. Open science vuol dire approntare strumenti che permettano l'accessibilità tecnica ma anche quella giuridica.Ciò non vuol dire che tutti i dati debbano essere messi a disposizione e subito». I vantaggi: «È provato che perseguire questa agenda porta a un risultato: quando fai correttamente un pubblico investimento nella ricerca, il ritorno è ancora più grande in termini di innovazione economica, prodotti, impegno e coinvolgimento del governo, miglioramento dell'istruzione». Il grande passo avanti in cui Neylon spera è «rendere legale la possibilità di consultare gratuitamente testi e dati, aggregare tutte queste informazioni e così creare un sistema unico e organico». Cita un progetto americano "molto interessante" concept 2 research, meccanismo che permette alle persone di scegliere di condividere informazioni mediche.

Non mancano gli oppositori dell'open science: «L'economia che ruota attorno alla pubblicazione della ricerca scientifica. La lobby che pubblica questi lavori e genera molti soldi - stiamo parlando di miliardi di euro di profitti all'anno - adesso le cose stanno cambiando ma c'è una preoccupazione delle aziende sui dati accessibili perché le compagnie in questo momento partecipano all ricerca e ne possono controllare la proprietà intellettuale. Credo credo però che non vi sia alcuna resistenza a rendere accessibile la conoscenza del processo scientifico. Ci sono persone che sottolineano altri aspetti non sempre positivi di questa impostazione ma è indubbio che condividere informazioni fa avanzare la ricerca».

Come Robert Darnton anche Neylon è preoccupato per la guerra dei tablet. «Credo che questo problema faccia parte della più complessiva questione dell'innovazione. In passato, il brevetto proteggeva l'invenzione, vi era un meccanismo che incoraggiava autori e inventori che erano disposti a diffondere alcuni particolari del loro lavoro: queste informazioni permettevano di limitare i monopoli sullo sfruttamento delle opere stesse. Adesso i brevetti non vengono più usati per proteggere invenzioni ma per fare in modo che altri non le usino. I grandi colossi hitech come Apple, Samsung, Google non usano le informazioni a loro disposizione per sviluppare un modello ma per contendersi i diritti davanti a un tribunale: ecco che così il brevetto diventa potenziale danno per la pura attività economica. So che non è facile ma occorerebbe una sistematica e globale riforma dei brevetti, più in generale dovrebbero cambiare molte cose nel mondo della comunicazione, naturalmente anche il copyright».

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