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Questo articolo è stato pubblicato il 02 ottobre 2012 alle ore 15:46.

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L'ex-maggiordomo papale Paolo Gabriele ha negato, durante la seconda udienza del processo Vatileaks, di aver ricevuto «soldi o altri benefici», per sé o per altri, in cambio dei documenti riservati di papa Benedetto XVI pubblicati dal giornalista Gianluigi Nuzzi. «Questa (non ricevere denaro, ndr) era la condizione iniziale e essenziale nell'intessere relazione con questa persona (Nuzzi, ndr) che non era intenzionata a darne e io a riceverne. Ho avuto solo effetti distruttivi», ha dichiarato Gabriele, che ha sottolineato di non aver voluto nemmeno «favorire» altre persone con la pubblicazione dei documenti nel libro «Sua Santità»: «Il libro non é certo
stato voluto da me», ha spiegato.

Non ho avuto complici
L'ex-maggiordomo papale ha negato «nel modo più assoluto di aver
avuto dei complici. «Contesto di accostare suggestione a collaborazione», ha aggiunto Gabriele rispondendo alle domande del presidente del tribunale Giuseppe dalla Torre. Il maggiordomo era stato chiamato a precisare le sue dichiarazioni in un precedente interrogatorio durante l'inchiesta in cui aveva riferito di essere stato suggestionato nelle sue azioni dalle conversazioni avute con alcune persone in Vaticano, come il cardinale Comastri, mons. Francesco Cavina, oggi vescovo di Carpi, il card. Paolo Sardi, e la collaboratrice del papa Ingrid Stampa.

Non sono il solo ad aver fornito notizie riservate alla stampa
«Non mi ritengo l'unico nel corso degli anni ad aver fornito notizie riservate alla stampa», ha detto Paolo Gabriele, durante la seconda udienza del processo Vatileaks in Vaticano. Gabriele ha spiegato di aver fatto «una doppia copia» dei documenti papali da lui ritenuti interessanti e successivamente forniti alla stampa: «Ho fatto una doppia coppia per aver modo di dimostrare quello che io avevo fotocopiato, poiché non ero così illuso da non sapere di doverne pagare le conseguenze».

Sono innocente riguardo al furto aggravato
«Riguardo al furto aggravato mi dichiaro innocente. Mi sento colpevole per aver tradito la fiducia che aveva riposto in me il Santo Padre, che
io sento di amare come un figlio», ha detto Paolo Gabriele nella deposizione al processo Vatileaks sulla fuga di carte riservate della Santa Sede.

Facevo le fotocopie durante l'orario di lavoro
«Facevo le fotocopie dei documenti durante l'orario di lavoro, con la fotocopiatrice in dotazione all'ufficio», ha detto Paolo Gabriele nel corso del suo interrogatorio, spiegando le circostanze in cui si è appropriato dei documenti riservati del Pontefice. Gabriele ha sottolineato che aveva una postazione all'interno dell'ufficio dei due segretari del Papa, ognuno dei quali dispone di una scrivania. «Essendo il mio movimento all'interno della stanza libero e non avendo un fine malvagio - ha aggiunto - ho fotocopiato anche in presenza di altri nell'orario in cui la mia presenza era prevista».

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