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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2012 alle ore 08:35.

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La Cattolica di Milano non si tira indietro di fronte al dilagare dell'illegalità. Questa mattina, infatti, nell'Università milanese va in scena la giornata di studi " Crimine e corruzione tra livelli di potere e rappresentanza politica". I professori, si sa, amano parlare, parlare, parlare. Stringi stringi, però, la sintesi è impietosa. Prendete lo studio su "corruzione e crescita" che viene presentato da Emma Galli, della Sapienza di Roma. Con due colleghe (Nadia Fiorino dell'Università dell'Aquila e Ilaria Petrarca di quella di Verona) ha messo sotto la lente 24 anni (dal 1980 al 2004) di percorso socio-economico nelle regioni.

La domanda dalla quale sono partite per il loro studio è stata: "E' possibile ricondurre i differenziali di sviluppo che caratterizzano le economie delle regioni italiane anche alla corruzione pubblica?"

La conclusione è scontata: "Le nostre stime evidenziano l'esistenza di una robusta correlazione negativa tra corruzione e crescita economica. La relazione negativa è riscontrata sia per valori bassi di corruzione che per valori alti - si legge nel rapporto - suggerendo che il livello di corruzione nel nostro Paese è così elevato da non rappresentare un mero meccanismo di fluidificazione della burocrazia bensì un vero e proprio ostacolo alla crescita".

In particolare lo studio stima che se il numero di crimini individuali (ad esempio il peculato, in virtù del quale il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria;) per milione di abitanti aumenta del 1%, la crescita economica diminuisce di circa l'8%.

Lo studio evidenzia, infine, che laddove i livelli di corruzione sono particolarmente elevati, l'impatto generalmente positivo della spesa pubblica sulla crescita risulta completamente neutralizzato. A parità di spesa, infatti, un aumento della corruzione riduce la crescita del 4,5%". Sulla selezione dei politici, sposata al cammino del federalismo fiscale, interverrà invece Massimo Bordignon, della Cattolica Milano, che ne ha studiato gli effetti con Matteo Gamalerio della University of Warwick (Uk) e Gilberto Turati, dell'Università di Torino.

Dove i cittadini coprono una grossa fetta dei costi dei servizi che vengono prodotti a livello locale con risorse locali, il federalismo sembra davvero funzionare come meccanismo responsabilizzante per i politici locali. Dove, al contrario, i trasferimenti dal centro sono ancora una importante fonte di finanziamento, il meccanismo di responsabilizzazione non funziona, lasciando spazio ancora alla corruzione e all'impiego inefficiente delle risorse.

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