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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2012 alle ore 08:11.

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Una legge di stabilità da 9,5 miliardi, da affidare per gran parte alla nuova tranche di tagli alla spesa corrente, dopo la cura dimagrante imposta con il primo decreto sulla spending review, accompagnata dalla razionalizzazione degli incentivi diretti alle imprese e, se pur in misura più contenuta rispetto alle cifre indicate finora, dal riordino delle agevolazioni fiscali.

È lo schema di massima cui stanno lavorando i tecnici dell'Economia, in vista dell'approvazione dal parte del Consiglio dei ministri di martedì. Il disegno di legge sarà esaminato in prima lettura dalla Camera e si compone come di consueto di pochi articoli, così da rispettare l'impianto della riforma della contabilità pubblica, che assegna alla ex Finanziaria il compito prevalente di fissare i saldi di finanza pubblica. Non dovrebbero peraltro comparire nella legge di stabilità norme di tipo ordinamentale e di carattere "localistico", così da evitare i provvedimenti omnibus stigmatizzati a più riprese dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

L'obiettivo numero uno del Governo resta quello di sostituire con tagli alla spesa corrente il gettito atteso dall'aumento di due punti delle aliquote Iva del 10 e 21%, congelato fino al 30 giugno del 2013. Incremento che, in mancanza di risorse compensative, scatterebbe dal successivo 1° luglio, con effetti ulteriormente depressivi sulla domanda interna e in particolare sui consumi. Per questo occorrono circa 6,5 miliardi. Si aggiungono i fondi necessari a coprire spese definite "esigenziali", tra cui i 2 miliardi destinati al finanziamento della ricostruzione in Emilia Romagna, nonché gli stanziamenti diretti al fondo sociale per l'occupazione e per gli ammortizzatori sociali, e al rifinanziamento della detassazione dei salario di produttività.

Una delle questioni sul tappeto, la cui risoluzione sarà affidata con ogni probabilità alla decisione collegiale in Consiglio dei ministri, riguarda il capitolo delle «tax expenditures». Si ragiona su un primo possibile riordino mirato di alcuni sconti che, pur non incidendo direttamente sulla struttura del prelievo (sono dunque esclusi interventi sulle detrazioni fiscali per carichi di famiglia), possano consentire di recuperare attorno a 1,5 miliardi. Non è detto però che alla fine questa misura superi l'obiezione di quanti, a livello tecnico, fanno osservare che si tratterebbe comunque di un aumento della tassazione. Una contraddizione in termini, se si considera che l'obiettivo prevalente della prossima legge di stabilità è evitare appunto che, con l'aumento dell'Iva, si determini un ulteriore incremento della pressione fiscale, già avviata a raggiungere il picco record del 45,3% del Pil.

Cresce anche all'interno della coalizione che sostiene il Governo il pressing perché al contrario si dia un segnale sul fronte della riduzione del prelievo fiscale. È il caso del leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini che ieri ha lanciato un appello al Governo perché fin da questa legislatura si allentino le tasse a partire dalle famiglie numerose. I messaggi nei giorni scorsi non sono stati univoci, da questo punto di vista. Se il presidente del Consiglio, Mario Monti non ha escluso in via di principio che si possa «iniziare un percorso» già in questa legislatura, le successive precisazioni Palazzo Chigi hanno ridimensionato le aspettative.

La linea – si osserva al ministero dell'Economia – resta al momento quella di rispettare il timing previsto dalla legge delega in materia fiscale, che conferma l'attivazione del relativo Fondo a partire dal 2014. Nessun anticipo al 2013, dunque. E comunque non certo ora. Una nuova verifica sarà condotta nel corso dell'esame parlamentare della legge di stabilità, ma con probabilità che si confermano decisamente scarse.

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