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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2012 alle ore 12:00.

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L'Ilva di Taranto (Ansa)L'Ilva di Taranto (Ansa)

Il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, lo ha sottolineato più volte in queste tormentate settimane per l'Ilva di Taranto: «L'Autorizzazione integrata ambientale che daremo al siderurgico sarà rigorosa, abbatterà le emissioni nocive, anticiperà di quattro anni l'introduzione in Italia delle migliori tecniche europee e, soprattutto, verrà incontro a cosa chiede la Magistratura di Taranto per abbattere l'inquinamento dell'acciaieria».

Sì, perchè il punto da cui parte tutto è che i giudici hanno messo più di mezzo stabilimento sotto sequestro da luglio perchè inquina e perchè, perizie dell'accusa alla mano, veleni, fumi e polveri hanno generato decessi e malattie gravi. A vedere ora l'Aia che si appresta a ricevere gli ultimi placet prima del decreto del ministro, ci sono novità che colpiscono: la copertura in tre anni dei parchi minerali, per esempio, che sino a poco fa l'Ilva ha sempre detto che non si poteva fare perchè troppo grandi con i loro 75 ettari.

Eppoi, l'anticipazione di un anno (dal 2015 al 2014) del fermo per risanamento del grande altoforno 5. E ancora: la chiusura di una serie di batterie, lo stop definitivo all'altoforno 3, uno dei cinque di Taranto, i lavori agli altri altiforni, il divieto di usare pet coke perchè inquinante, il giro di vite sulle emissioni, il potenziamento dei monitoraggi. La cifra per mettere l'acciaieria a norma è rilevante: 3 miliardi. È vero che per ora è solo una stima di massima, ma in ogni caso si andrà ben oltre i 400 milioni che l'Ilva aveva annunciato col piano di qualche settimana fa che la Procura ha però bocciato perchè inadeguato.

Restano ora due problemi non da poco: la sostenibilità aziendale di un piano del genere e la possibilità che l'Ilva risani ma continui a produrre, almeno in parte. Sul primo, la risposta definitiva la deve dare l'Ilva, sapendo già che Clini ha detto che l'azienda o si adegua, o chiude. Sul secondo, la valutazione è invece affidata dai magistrati, i quali, sì, hanno sempre detto che il sequestro è senza facoltà d'uso, ma tuttavia non hanno escluso la possibilità di riesaminare le loro decisioni a fronte di un programma serio.

Ma un giudizio sull'Aia della Procura attraverso i suoi consulenti tecnici, lo si potrà avere solo a provvedimento varato. Adesso, però, urge chiarire un'altra questione: il fatto che l'Ilva abbia annunciato che il piano delle fermate parte a dicembre dall'altoforno 1 e che l'azienda, accettando la direttiva-ultimatum dei cinque giorni, scaduti ieri, abbia reso disponibile per i custodi il personale necessario alle operazioni, metterà il siderurgico al riparo da nuove strette giudiziarie? Da nuovi ultimatum? Domanda non peregrina, visto che il procuratore capo di Taranto, Franco Sebastio, un concetto marca: noi magistrati dobbiamo bloccare il più rapidamente possibile l'inquinamento della fabbrica perchè è un reato.

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