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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2012 alle ore 08:17.

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Il presidente della Repubblica non è un Potere sovrano inviolabile, perché non viviamo in una monarchia, ancorché limitata, ma in uno Stato democratico-costituzionale. Dunque, non può rivendicare un'immunità assoluta che gli riconosca una totale irresponsabilità giuridica anche per i reati extrafunzionali.

È uno dei passaggi chiave della memoria con cui la Procura di Palermo si è costituita in giudizio davanti alla Consulta in vista dell'udienza del 4 dicembre sul conflitto di attribuzioni sollevato dal Quirinale per le intercettazioni indirette di 4 telefonate (il numero emerge dalla memoria della Procura) tra Nicola Mancino e Giorgio Napolitano nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Nella "risposta" dei Pm al ricorso del Quirinale, si legge poi che la tesi del Colle, se accolta, avrebbe «gravi conseguenze» anche sul piano processuale perché renderebbe «illecito» persino l'ascolto occasionale nell'ambito di un'intercettazione autorizzata, impedirebbe al magistrato di conoscere il contenuto della telefonata sia pure solo per verificare l'esistenza di un illecito a carico di un altro soggetto, in favore del quale si verificherebbe un «effetto preclusivo ed estintivo» pur non essendo egli protetto da alcuna irresponsabilità.

Inoltre, accogliere il ricorso del Colle significherebbe creare le condizioni per la «violazione dell'obbligatorietà dell'azione penale» perché i magistrati, nel dubbio, eviterebbero di disporre intercettazioni a carico di tutti quegli indagati che, avendo o avendo avuto rapporti con il Capo dello Stato, potrebbero mettersi al telefono con lui.
La Procura ha affidato ai professori Alessandro Pace, Giovanni Serges e Mario Serio la stesura dell'atto di costituzione in giudizio, dove si sostiene la tesi opposta a quella del Quirinale (altrimenti le telefonate sarebbero state distrutte) secondo cui l'articolo 90 della Costituzione configurerebbe per il Capo dello Stato «un regime globale di immunità, anche penale, con la conseguenza di rendere illegittima in sé qualsiasi forma di ascolto delle conversazioni, di registrazione delle stesse, e a maggior ragione di valutazione ed utilizzazione processuale». Ma, replica la difesa dei Pm, «un'immunità assoluta potrebbe essere ipotizzata solo contraddicendo i principi dello Stato democratico-costituzionale» perché essa caratterizza «il Sovrano nelle monarchie ancorché limitata».

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