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Questo articolo è stato pubblicato il 16 ottobre 2012 alle ore 16:35.

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Le ambizioni non mancano: trasformare la superdipendenza energetica italiana in un'occasione di riscatto. Da sudditi dei pannelli solari cinesi a campioni mondiale nelle tecnologie per l'efficienza, ad esempio. Mobilitando (per questa missione ma non solo) investimenti per 180 miliardi di euro al 2020, dando qualche poderosa spinta alla ripresa economica. E anche il nostro vizio di usare il metano come fonte egemone potrà trasformarsi in un'opportunità: diventeremo l'hub del gas europeo, anche perché sapremo rivitalizzare i nostri giacimenti nazionali, specie quelli in mezzo al mare.

E poi le rinnovabili. Basta con gli incentivi a pioggia, un po' dissennati nelle quantità e nella distribuzione, ma un aiuto concreto e selettivo alle tecnologie dove la filiera industriale ci premierà di sicuro, e il ritorno sarà superiore alla spesa. Nel solare termico, ad esempio, dove il «piccolo contributo che effettivamente pensiamo di assegnare alle bollette del gas ritornerà abbondantemente nelle tasche dei consumatori sotto forma di prezzi di riferimento senz'altro più bassi».

Promesse apparentemente coerenti, sicuramente mirabolanti, quelle formulate con il via libera del Consiglio dei ministri alla bozza di consultazione sulla Strategia energetica nazionale. Gli analisti non potranno che apprezzare. Al Governo ci sono, del resto, ottimi professori. Ma le incognite non mancano. A quella sottolineate ieri, alla vigila del varo, se ne aggiungono altre. Non poche. I tempi, ad esempio. Il Governo "scadrà" ad aprile e vuole lasciare il Piano energetico come eredità. O meglio, nelle forme di «una presa di coscienza condivisa sullo scenario e sui vincoli della nostra energia».

Sei settimane ora pianificate per la consultazione pubblica. Un paio di settimane ancora per la sintesi di indicazioni, proposte, e contestazioni. Contestazioni già robuste. Ad esempio quelle che hanno indotto ad un dietrofront perfino sul punto "qualificante" delle estrazioni di idrocarburi nazionali, con il tramonto ufficiale (sancito nel documento varato ieri) dell'impegno alla revisione del limite delle 12 miglia per la zona di rispetto delle esplorazioni marine. E poi «la necessaria approvazione del Cipe e l'opportunità di un passaggio parlamentare». Infine una conferenza nazionale dell'energia per trasformare la Strategia in un formale Piano Energetico. I Professori credono nei miracoli. E fanno bene.

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