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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2012 alle ore 07:44.

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Asili nido, servizi educativi e di assistenza ai minori, programmi di cura dei disabili, riabilitazione e inserimento lavorativo di persone svantaggiate, prestazioni di ricovero, centri diurni e notturni contro il disagio e la povertà. È quanto mai ampia l'area del welfare coperta nel nostro Paese dal privato sociale, o in forma di convenzione con gli enti pubblici (modalità prevalente, intorno al 70% della casistica) o a carico diretto dell'utenza. Le stime più recenti, elaborate per l'anno in corso dall'Alleanza delle cooperative, parlano di un volume di affari di 8,7 miliardi di euro, con oltre cinque milioni di cittadini serviti e 340mila addetti, con il segno più sulla dinamica occupazionale anche in questo pessimo 2012, grazie al carattere anticiclico delle attività prestate e alla loro natura labour intensive.
Su questo mondo, dalla settimana scorsa, incombe un'incognita pesante come un macigno: l'aumento dal 4 al 10% dell'Iva sulle prestazioni socio-sanitarie ed educative svolte dalle cooperative sociali. Lo prevede il testo del disegno di legge di stabilità che il Governo ha consegnato alle Camere per l'iter parlamentare. Un intervento che segnerebbe, a giudizio unanime degli operatori, «un colpo mortale al welfare e alle imprese del privato sociale».
I conti sono presto fatti: «Si tratta di un aggravio di almeno 510 milioni di euro, a carico della Pubblica amministrazione. per le attività svolte in convenzione, e delle famiglie, per l'assistenza erogata direttamente ai privati», sintetizza Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà e portavoce dell'Alleanza delle cooperative sociali, che riunisce Confcooperative, Legacoopsociali e Agci Solidarietà, ossia una galassia di oltre diecimila coop sociali.
«Gli enti locali devono già fare i conti con la spending review – spiega da parte sua Claudia Fiaschi, presidente di Cgm, la più grande rete di coop sociali operante in Italia, con 990 imprese e 77 consorzi territoriali –. Se si sommano i tagli del 5% per l'anno in corso e del 10% per il 2013 all'ulteriore aggravio del 6% di Iva è facile capire come la scure calerà sui servizi e come l'intero comparto sia condannato a finire fuori mercato, anche perché le nostre imprese non hanno margini da comprimere: siamo già abituati a lavorare nella massima economia e sotto determinati livelli di tutela dei nostri operatori non possiamo scendere».
Ma che cosa ha indotto il Governo a intervenire sull'aliquota Iva? In primo luogo la necessità di recuperare gettito: nella relazione tecnica di accompagnamento al disegno di legge di stabilità, sulla base di un ammontare di 5,1 miliardi di operazioni imponibili (ricavato dagli archivi Iva relativi all'anno 2009), si ipotizzano incrementi di entrate per 153 milioni in ciascuno degli anni dal 2013 al 2015. Il ministro del Lavoro Elsa Fornero, nel corso del Forum al Sole 24 Ore di lunedì scorso (si veda l'edizione di martedì 16 ottobre) ha inoltre precisato che sull'aliquota agevolata per le coop sociali «siamo sotto procedura di infrazione da parte della Ue. C'è una direttiva europea cui dare attuazione».
Entrambe le argomentazioni vengono, però, respinte con forza dal mondo della cooperazione. «L'inevitabile taglio dei servizi vanificherà le attese di maggior gettito, anzi temiamo un effetto boomerang – dichiara Guerini –. Il bottino Iva non solo non crescerà, ma calerà a picco. Quanto alle richieste della Ue, non è stata aperta alcuna procedura di infrazione, ma solo quello che si chiama "pilot", ovvero una preistruttoria tecnica di informazione e dialogo, che non ha ancora coinvolto livelli politici della Commissione. In compenso, l'Italia è attualmente oggetto di ben 200 procedure di infrazione, a molte delle quali il Governo non ha dato seguito».
È pur vero che, per sfuggire all'aumento dell'Iva, il disegno di legge di stabilità lascia aperta alle cooperative sociali l'opzione per il regime delle Onlus. «Ma è proprio questo che va evitato - ammonisce Guerini - se non si vuole confinare il non profit produttivo in un'area residuale, proprio mentre il settore sta dimostrando, invece, capacità imprenditoriali in grado di sostenere e riformare il welfare».
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