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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2012 alle ore 09:54.

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Temi e stilemi. L'Eni di Enrico Mattei non fu solo una grande impresa energetica. Fu un modello di comunicazione, anticipatore di una tendenza che si è affermata solo molti anni dopo. Gli storici della pubblicità sono concordi nel riconoscere in Mattei uno dei manager che ha lasciato il segno nella storia della comunicazione aziendale.

Già nel 1952 Mattei dedica grande attenzione a modernizzare il ramo commerciale di Eni. Lo fa con creazione di un marchio forte, il cane a sei zampe, dedicato a promuovere le benzine prodotte nell'impianto di Cortemaggiore. L'innovazione, per Mattei, passava necessariamente attraverso la comunicazione. Lui stesso, da presidente dell'Eni, stabilisce in prima persona le modalità di svolgimento del concorso, i tempi, i premi e persino la giuria. Vince il cane a sei zampe di Luigi Broggini. Presidente della giuria che sceglie il cane a sei zampe è Giò Ponti, direttore della rivista di architettura Domus.

L'idea dalla quale partiva Mattei era semplice: utilizzare i successi in campo minerario per dare nuova luce anche all'attività commerciale, mostrando ai consumatori il legame virtuoso tra questi due aspetti.
Mattei è ben consapevole del fatto che la motorizzazione dell'Italia è agli inizi e che gli anni della ripresa economica sono un terreno ideale per seminare. Fino a quel momento prodotti e azienda non hanno un marchio. Mentre i competitori (Esso, Shell e altri) avevano una strategia di comunicazione molto aggressiva, l'Eni ne era totalmente sprovvista.

Da qui l'idea dello slogan «la potente benzina italiana» e del naming ad effetto Supercortemaggiore che richiamava, con un efficace neologismo, il rapporto tra innovazione (Super) e affidabilità, impegno, esperienza consolidata (Cortemaggiore). Il celeberrimo" cane a sei zampe" diventa un brand – si direbbe oggi – cross-target, cross-country e cross-media. Il brand veicola i propri valori in modo efficace attraverso il linguaggio universale della cultura. Mattei lo intuisce in netto anticipo sui tempi: per questo motivo nel 1955 nasce la rivista Eni «Il gatto selvatico» diretta da Attilio Bertolucci, dove collaborano scrittori come Dessì, Gadda, Ginzburg, Parise e Sciascia.

Anche il cinema viene utilizzato per veicolare messaggi: Bernardo Bertolucci, Gillo Pontecorvo, Valentino Orsini e i fratelli Taviani, hanno girato, negli anni Ottanta, documentari dedicati alle più recenti conquiste geologiche di Eni e all'introduzione dei temi legati alla responsabilità sociale dell'impresa. Fotografia, cinema, giochi educativi e oggetti di design. Anticipando le tesi di McLuhan, secondo cui "il mezzo è il messaggio", Eni, a partire da Enrico Mattei, ha fatto dell'interazione attiva e coinvolgente con le persone, dai dipendenti ai consumatori, una modalità di dialogo unica e riconoscibile.

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