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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2012 alle ore 06:42.

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Non possono crederci. Non vogliono crederci. La possibilità che il Governo giapponese non possa pagare a fine mese gli stipendi dei funzionari pubblici lascia del tutto incredula la delegazione di una quarantina di imprenditori, professionisti ed esponenti ministeriali nipponici giunti a Catania per l'assemblea annuale dell'Italy-Japan Business Group. Eppure la possibilità esiste e sta già causando qualche sommovimento sul mercato obbligazionario ed iniziative senza precedenti dell'esecutivo (come il rinvio dei trasferimenti ad alcuni enti territoriali): il ministero delle Finanze ha convocato per oggi una riunione straordinaria con i dealer del mercato dei JGB, che sui titoli a più lungo termine ha già visto aumentare i rendimenti per il crescente disagio degli investitori.
Il Giappone,infatti, ha il suo problema di "fiscal cliff". Certo non paragonabile a quello statunitense che l'Fmi, nel suo recente vertice tenutosi a Tokyo, ha definito come la principale minaccia all'economia globale assieme a quella della crisi del debito europeo. Se a Washington, in mancanza di un accordo al Congresso, scatteranno tagli automatici e aumenti fiscali per un totale di 600 miliardi di dollari in grado di mandare il Paese - e forse il mondo intero - in recessione, in Giappone, se entro i 33 giorni di sessione della Dieta (a partire dal prossimo lunedì), non ci sarà un'intesa bipartisan per il via libera parlamentare all'emissione di bond - a copertura del 40% del deficit annuale previsto - il Governo dovrà bloccare la spesa pubblica per l'impossibilità di prendere in prestito i 38.300 miliardi di yen (circa 380 miliardi di euro) necessari al suo budget a breve (le aste programmate dovrebbero essere cancellate).
Il problema è che occorre l'ok di entrambe le Camere, controllate una dalla maggioranza governativa e una dall'opposizione guidata dal Partito Liberaldemocratico. Quest'ultimo esige che il premier fissi una data precisa per le elezioni anticipate della Camera Bassa ed è già furioso perché Yoshihiko Noda nicchia pur avendo già promesso - in cambio della collaborazione fornita a un passaggio procedurale fondamentale per l'aumento dell'imposta sui consumi alla quale lui tiene tanto - di convocare il popolo alle urne "presto" e sicuramente prima della scadenza naturale della legislatura. Avvicinato a margine della riunione annuale del forum imprenditoriale tra i due Paesi, l'ambasciatore giapponese in Italia Masaharu Kohno ammette che la situazione politico-parlamentare è complessa: il problema esiste e sta già rischiando di danneggiare il rating del Sol Levante. Tuttavia il diplomatico osserva che si tratta di un problema che si è già presentato più di una volta e mostra la massima fiducia che, come in passato, alla fine una soluzione all'empasse sarà trovata. In effetti, già l'anno scorso il premier Naoto Kan, sfibrato dalle polemiche seguite allo tsunami, dovette promettere di dimettersi in cambio del via libera bipartisan all'emissione di bond a copertura del deficit. Molti osservatori politici rilevano che i due maggiori partiti non possono permettersi di cadere entrambi sotto l'accusa di irresponsabilità che favorirebbe le formazioni politiche alternative emergenti (come quella che fa capo all'attuale ras di Osaka Toru Hashimoto o magari anche quella appena annunciata dal controverso governatore di Tokyo Shintaro Ishihara).
Gli esperti economici osservano che sarebbe un disastro per una economia già in sensibile rallentamento, anche per gli effetti delle tensioni con la Cina: Nomura stima che lo stop alla spesa pubblica avrebbe un impatto sul Pil reale tra i 6 e 7 punti percentuali su base trimestrale.
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