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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2012 alle ore 18:01.

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NAPOLI. Sì alla riforma solo se cambiano le regole sulla rappresentanza degli avvocati. «Così non si può andare avanti o si risolve il problema della governance o ci sarà un spaccatura bestiale». Il presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura, Maurizio de Tilla, si schiera al fianco dei giovani avvocati, riuniti in congresso straordinario a Napoli, nella battaglia per cambiare le regole del gioco nell'elezione della rappresentanza politica e istituzionale dell'avvocatura.

Votare un emendamento all'articolo 65
Una priorità che porta il presidente dell'Aiga a a rifiutare la firma sulla delega in bianco, chiesta dal presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, per approvare la riforma dell'ordinamento forense entro 24 ore dall'ingresso a palazzo Madama con lo stesso testo licenziato dalla Camera. «Vogliamo che la riforma sia approvata entro questa legislatura – spiega il presidente Dario Greco – ma per questo è necessario votare l'emendamento all'articolo 65 che prevede una delega al governo di dodici mesi per emanare, sentito il Cnf, gli ordini e le associazioni, i decreti legislativi per garantire un sistema democratico di elezione attivo e passivo. Che tradotto nel nostro slogan vuol dire un avvocato un voto» .

A fianco dei giovani avvocati Maurizio de Tilla
Una battaglia che trova un alleato in Maurizio de Tilla. «Da questo momento mi batterò con i giovani avvocati – spiega il leader dell'Oua – c'è innegabilmente un gap di democrazia che ha prodotto i tentennamenti sia sulla geografia giudiziaria sia sulla media conciliazione, per questo deve essere votato l'emendamento sulla governance». L'ostacolo sul cammino della riforma che, con ogni probabilità, la Camera sarebbe pronta ad approvare già martedì, non è più dunque quello creato dal via libera della Camera, malgrado il parere negativo della commissione Bilancio per mancanza di copertura, all'emendamento che voleva raddoppiare il numero degli esami di stato prevedendone uno ogni sei mesi.

Intricato il nodo da sciogliere
Dall'impasse si può, infatti, uscire agevolmente, anche se la commissione Bilancio non è tornata sui suoi passi, "cancellando" di fatto quell'articolo. Ora il nodo da sciogliere è più intricato. «Chi solleva adesso il problema della governance di fatto affossa la riforma – spiega il presidente dei penalisti Valerio Spigarelli – se non se ne accorge è miope. È vero che le camere penali chiedono una modifica all'articolo 9 che affida alle Università il compito di creare gli specialisti, ma in quel caso si tratta di aggiungere solo la parola "anche", che consente di salvare le scuole forensi ben più qualificate. Nel caso della governance, problema che indubbiamente esiste, l'operazione sarebbe molto più complessa e. È un discorso da affrontare nel lungo periodo non ora».

Menoni: perdere questo treno sarebbe un fallimento politico
La pensa allo stesso modo il presidente dei civilisti Renzo Menoni. «È meglio una cattiva riforma, che comunque riconosce la peculiarità della nostra categoria, che finire nel calderone del Dpr professioni. Perdere questo treno sarebbe un fallimento dal punto di vista politico».

Perifano: la riforma non risolve i problemi, ma ne aggiunge
Dal treno della riforma è invece decisa a scendere il segretario dell'Associazione nazionale forense Ester Perifano. «La riforma così come è non risolve i problemi ma ne aggiunge altri - spiega Ester Perifano - per questo non abbiamo intenzione di approvarla così come è. Il problema della governance è forte, Oua e Cnf si indeboliscono reciprocamente perché non riconoscono i reciproci compiti».

Pasqualin: la legge non è perfetta, ma è una base per far ripertire l'avvocatura
Invita a evitare le fughe in avanti il componente del Consiglio nazionale forense Andrea Pasqualin che afferma di sentirsi "simpaticamente" sul banco degli imputati. «Questa legge non è perfetta – sostiene Pasqualin – ma è la base per far ripartire l'avvocatura. Mi trovo d'accordo sull'istanza di un sistema di elezione democratico ma la discussione dovrebbe essere rimandata. Non è vero che questa legge conferisce al Cnf un ruolo diverso. Il modello cosiddetto "bicefalo" – conclude Pascherin – è in piedi da 15 anni e ha funzionato bene finché qualcuno a cominciato a smarcarsi».

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