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Questo articolo è stato pubblicato il 28 ottobre 2012 alle ore 08:22.

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ROMA
Riprenderà domani al Senato la discussione sul disegno di legge sulla diffamazione. Ma i nodi che hanno portato giovedì scorso al rinvio dell'approvazione restano tutti sul tavolo. I vertici dei gruppo Pdl e Pd a Palazzo Madama in privato usano ormai solo il condizionale quando parlano del provvedimento.
A tenere banco – assodato l'unico punto fermo, quello dell'abolizione del carcere, alla luce delle polemiche del caso Sallusti – è sempre la questione delle sanzioni. L'accordo tra i partiti raggiunto mercoledì sera prevedeva di dare la possibilita ai giudici di scegliere tra un minimo di 5milia a un massimo di 50mila. Tuttavia, non pochi senatori (sia del centro-destra che del centro-sinistra) non hanno nascosto il loro malumore, preferendo che il tetto massimo rimanesse a 100mila euro, come previsto in commissione. La paura è che i 50mila euro, con il patteggiamento e le attenuanti, scendano a 20-30mila euro, che finirebbero con la sospensione condizionale per la pena. Un argine troppo blando per «i giornali di parte che vogliono distruggere un avversario», dice un senatore.
Se la fronda è trasversale ai partiti, a preoccupare è soprattutto il dissenso nel Pdl. Come ha dimostrato giovedì il voto sul no alla soppressione della norma che prevede la restituzione dei contributi pubblici per i giornali condannati per diffamazione: in dissenso al gruppo hanno votato contro l'emendamento 68 senatori Pdl, tra cui ex ministri come Francesco Nitto Palma e Altero Matteoli. A seguire le indicazioni di presidente e vicepresidente del Gruppo, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, sono stati solo in 26.
Per cercare di ricompattare le fila, era stata convocata una riunione del Pdl alle 15 di domani, prima della seduta dell'Aula, alle 17. Tuttavia, l'incotro è stato cancellato, dopo la morte ieri del senatore del Pdl Angelo Maria Cicolani. Ora si andrà direttamente in Aula, e il compito di ricucire lo strappo sarà lasciato alle telefonate private tra oggi e domani mattina. «Dopo le dichiarazie conciliante fatta al Sole-24Ore da Nitto Palma (si veda il giornale di ieri, ndr) sono ottimista», spiega Filippo Berselli (Pdl), uno dei relatori al Ddl. Bisogna vedere se questo basterà a spostare gli equilibri nel Pdl. Più cauto il senatore Idv, Luigi Li Gotti: «È impossibile fare previsioni». Anche perché, su input dell'Api di Francesco Rutelli, sono state raccolte le firme per ottenere il voto segreto sull'articolo 1 della norma (quello con le misure oggetto della contesa). Sarà quindi impossibile identificare eventuali franchi tiratori.
Ci sono anche dei senatori che ipotizzano, per ricucire i contrasti all'interno del Pdl, la possibilità di rivedere le attenuanti (come l'effetto riparatorio della rettifica). Ma pare complicato tornare indietro rispetto alla intesa di mercoledì. Berselli ha già detto chiaramente che se salta quell'accordo «salta la legge». Senza considerare che la condanna dell'ex premier Silvio Berlusconi nel processo Mediaset ha reso nuovamente incandescente i rapporti Pdl-Pd sul tema giustizia.
Come se non bastasse rimangono forti, soprattutto nel Pd, le perplessità sull'intero provvedimento: «La diffamazione è un reato troppo complesso per essere approvato in fretta e furia su input di un singolo caso, come quello di Sallusti», è il ragionamento di alcuni democratici. La tentazione è quella di rimandarlo in commissione per poi metterlo su un binario morto. «È davvero auspicabile – ha detto ieri Vincenzo Vita (Pd) – un ripensamento sul disegno di legge sulla diffamazione in discussione al Senato. Meglio sarebbe un ulteriore rigoroso approfondimento nella commissione competente, evitando una troppo affrettata conclusione dell'iter normativo già all'inizio della settimana prossima». Come se non bastasse, ieri è arrivato un siluro sul provvediemtno anche da Famiglia Cristiana: è «una legge vendicativa e intimidatoria. Per bloccare sul nascere qualunque inchiesta seria».
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I PUNTI CRITICI

I dissensi nel Pdl
Nel partito di Angelino Alfano restano forti i dissensi contro l'accordo preso dai gruppi mercoledì sera. L'intesa prevedeva un abbassamento del tetto delle sanzioni per i giornalisti condannati per diffamazione
Pd, tentazione rinvio
Forti, soprattutto nel Pd, le perplessità sull'intero Ddl: «La diffamazione è un reato troppo complesso per essere approvato in fretta e furia», è il ragionamento. La tentazione è quella di rimandarlo in commissione per metterlo su un binario morto

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