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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2012 alle ore 06:39.

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ROMA
Dopo le piroette di Silvio Berlusconi, ecco quella della Lega che torna ad allearsi con il Pdl per bocciare il rinvio in commissione del ddl Sallusti, proposto dal Pd. Accade nell'aula del Senato, dove ieri il provvedimento sulla diffamazione a mezzo stampa ha fatto un altro passo verso l'approvazione. Il Pdl va di fretta e alla Camera ha già ottenuto di calendarizzare in aula il testo nella prima settimana di novembre. Intanto, tra accuse reciproche, giri di valzer, pause di riflessioni, prese di distanze, senatori che si «vergognano» o che ammettono «il guazzabuglio» di norme in cottura, l'aula dimezza la multa per la diffamazione (50mila euro invece di 100mila), la riduce di due terzi se la rettifica è pubblicata a richiesta della persona offesa, esclude il raddoppio in caso di recidiva nei due anni dopo la prima condanna. Resta l'interdizione dalla professione da 1 a 6 mesi mentre non passa l'assegnazione a «lavori di pubblica utilità». Scatta l'obbligo di rettifica digitale per le testate on line, entro quattro giorni dalla richiesta e «con gli accorgimenti tecnici idonei al collegamento con l'articolo oggetto di rettifica». Salta la norma «anti-macchina del fango» che introduceva un'aggravante in caso di diffamazione organizzata (concorso tra autore, direttore, editore nel confezionamento di un articolo diffamatorio). A pochi metri da Palazzo Madama, la Federazione della stampa protesta contro «il colpo di mano» di chi si è opposto al rinvio in commissione e preannuncia battaglia «per abbattere questa decisione».
Si ricomincia oggi, sempre con l'articolo 1, anche se il vicepresidente di turno, Vannino Chiti, a fine seduta ha bacchettato i senatori per la pretesa di procedere in aula come se si fosse in commissione. «Ne parlerò anche con il presidente Schifani» ha detto, riaprendo così la strada a un rinvio in commissione. Soluzione perorata da Anna Finocchiaro, capogruppo Pd, perché «non ci sono le condizioni politiche» per approvare in modo «condiviso» un testo «equilibrato», ma avversata dal Pdl perché, secondo Maurizio Gasparri, «il ddl ha già raggiunto un punto di equilibrio e l'attualità ci spinge ad assumere decisioni». La Lega prima fa sapere di essere a favore del rinvio. «È l'unico modo - spiega Sandro Mazzatorta - per esaminare il ddl senza la pressione mediatica». Poi Mazzatorta ci ripensa perché il rinvio in commissione significa la «morte sicura» del ddl, mentre il Carroccio vuole che «tutti si assumano in aula le loro responsabilità anche per rispetto della Camera che ha già calendarizzato il testo». Così si passa alla conta: 150 sì, 145 no, 5 astenuti (conteggiati tra i contrari). Parità, che a palazzo Madama equivale a una bocciatura. E allora via con i voti. Gerardo D'Ambrosio (Pd) quasi implora di fermarsi, per evitare di approvare un testo «incredibile» in cui «si dice tutto e il contrario di tutto. Una legge fatta talmente male che ci dovremmo vergognare di averla scritta». «Un guazzabuglio normativo senza capo né coda» si associa Raffaele Lauro del Pdl. E Francesco Rutelli medita di ritirare la richiesta di voto segreto: «Non è serio che l'aula porti avanti il provvedimento sapendo che poi verrà liquidato con voto segreto. Se dobbiamo fare una legge indecorosa è bene che venga fatto con voto palese».
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Multe e obblighi di rettifica
Il ddl Sallusti sulla diffamazione è nell'aula del Senato, dove ieri sono state approvate alcune modifiche: dimezzata la multa per la diffamazione (50mila euro invece di 100mila), ridotta di due terzi se la rettifica è pubblicata a richiesta della persona offesa, escluso il raddoppio in caso di recidiva nei due anni dopo la prima condanna
Scatta l'obbligo di rettifica digitale per le testate on line, entro quattro giorni dalla richiesta e «con gli accorgimenti tecnici idonei al collegamento con l'articolo oggetto di rettifica»

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