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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2012 alle ore 08:06.

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La tappa milanese di Matteo Renzi, 94esima del suo tour per le primarie del Partito Democratico, è andata in scena al Teatro Dal Verme. II suo arrivo è stato annunciato in modo teatrale: una fiaccolata di sostenitori, tra cui il velocista olimpico Simone Collio, con la maglietta gadget che incitava al cambiamento, filo conduttore della serata.

Tutta esaurita la sala Grande da 1700 posti: quelli rimasti fuori hanno potuto seguire davanti al maxischermo la manifestazione. Un pienone annunciato dato che tra Milano città e regione Lombardia si contano circa 200 circoli pro-Renzi, più o meno tremila iscritti.
Salito sul palco un quarto dopo le 21.00 si è presentato in stile "casual", camicia bianca con maniche rimboccate, che in maniera affatto casuale ricordava la vincente prima campagna presidenziale di Obama. Anche lo slogan "cambiamo l'Italia adesso" era di chiara ispirazione obamiana, ed è stato proprio il tema della rottamazione sinonimo politicamente scorretto del cambiamento, il punto di forza di un monologo durato 1 ora e quaranta. In apertura una breve premessa di commento sull'esito delle votazioni regionali siciliane dove " per la prima volta la maggioranza è andata al partito del non voto ma comunque si è affermato il partito democratico". Poi la fa facile sulle prossime elezioni regionali lombarde "dove il centro sinistra ha un rigore da battere a suo favore: che le sue primarie stabiliscano al più presto chi sarà il rigorista".

Subito liquidata la questione della "rottamazione nata due anni fa per caso nel corso di un'intervista e non è opera di nessun spin doctor" per dire che vuole lasciarsi alle spalle l'omonima fase in quanto superata. Fermo restando che " davanti ai cambiamenti del mondo anche noi abbiamo diritto al cambiamento." Nel corso del monologo ha cercato di smussare le spigolosità della sua naturale vis polemica, a favore della condivisione dei valori maturata con l'esperienza dell'associazionismo cattolico, ma alla lunga la sua vocazione di rottamatore ha prevalso. Poco lo spazio a proposte per la ripresa e la crescita del Paese che potrebbe partire proprio da Milano e concede molto alla sua vena istrionica da mattatore del palco. A pochi passi da P.zza Affari ha preferito ribattere alle polemiche per la frequentazione di certa finanza che " non è buona e neppure cattiva semmai è la politica che può essere buona e cattiva". E a pochi chilometri dal confine svizzero ha lanciato la sfida all'evasione parlando di un " accordo con le banche svizzere per applicare un prelievo forzato del 26% sui conti correnti di quelli che hanno portato i soldi in Svizzera".

Non è mancato il riferimento all'Expo milanese come momento non solo identitario di una città ma di "grande servizio" per l'intero Paese. Sulla base dell' esperienza di sindaco ha capito che " ciò che frena e scoraggia le aziende estere a investire non è l'articolo 18 ma la mancanza di fiducia nei confronti della nostra giustizia e burocrazia". In chiusura auspica una politica "fatta di tanti Bob Kennedy" e non come quella del nostro Parlamento " dove ci sono 184 eletti che hanno fatto cambio di casacca rispetto a quella di partenza". Gran finale da "rottamattatore": è ora di farla finita e di rompere con certi schemi tradizionali, per cui "se perdo non accetterò, come fanno i più, premi di consolazione" Dopo un simile monologo non ci potrebbero certo essere ruoli da comprimario. Se invece si vince bisogna "imparare da Milano perché è un modello" e giù applausi a scena aperta. Non mancano i complimenti al primo cittadino Pisapia" sarebbe la verifica che siamo diventati una coalizione seria quando lo vedremo Ministro della Giustizia anziché Mastella come avvenuto".

E alla fine il colpo di teatro non poteva mancare nella "Milano capitale della politica anche se non sempre con risultati fantastici: mi rivolgo anche a quelli delusi dal centrodestra, non sono certo schizzinoso dei loro voti". E' la parte choosy del Renzi show prima di partire e ricominciare con altre repliche del suo tour, alla maniera di certi consumati attori, in cerca di elettori.

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