Il Parlamento non smonti la riforma delle Province

Sulle Province il Governo Monti è stato di parola. E ha deciso l'eliminazione, seppur a partire dal 2014, di 35 "enti di mezzo". Nelle Regioni ordinarie il totale delle amministrazioni di area vasta passa così da 86 a 51. Una in meno del previsto, grazie alla creazione in Toscana della maxi-Provincia Massa-Lucca-Pisa-Livorno. Ora tocca al Parlamento fare la sua parte e confermare quanto deciso dall'Esecutivo. Senza cedere alle pressioni che, c'è da giurarci, arriveranno copiose da parte dei campanili scomparsi o accorpati.

Lo scenario è abbastanza scontato. Basta andare con la mente a quanto accaduto nel luglio scorso, durante la conversione del decreto legge sulla spending review che ha avviato il riordino delle Province completato dal Dl varato oggi. In quell'occasione deputati e senatori hanno fatto a gara nel proporre i salvataggi più bizzarri. Ad esempio paralizzando i lavori per ore e ore sulla sorte di Benevento. Oppure discutendo del triste destino che attendeva le Regioni destinate diventate monoprovincia (Umbria, Molise e Basilicata). Finanche a chiedere che, tra i due parametri richiesti per non scomparire (avere almeno 350mila abitanti e un'estensione di 2.500 chilometri quadrati), il secondo fosse calcolato non solo sulla superficie terrestre ma anche su quella marina.

All'epoca tutti gli assalti localistici sono stati respinti. Ma con la legislatura ormai agli sgoccioli non è detto che il Governo Monti, già scosso dalle fibrillazioni interne ed esterne che colpiscono la sua maggioranza, riesca di nuovo a mantenere il punto. Anche perché una piccola "crepa" nei criteri di riordino l'ha aperta da solo concedendo il "salvacondotto" ai territori di Sondrio e Belluno, che potranno continuare a esistere perché montane al 100 per cento. Un motivo in più per tenere alta la guardia ed evitare che quella soglia di 51 enti torni di nuovo ad alzarsi nei 60 giorni di iter parlamentare.

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