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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2012 alle ore 06:41.

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ROMA
Ennesima battuta d'arresto al Senato per il disegno di legge sulla diffamazione, nonostante il pressing di Berlusconi affinché il testo venga approvato. Il vicepresidente di turno Domenico Nania (Pdl) ha deciso ieri di rinviare l'esame del testo in commissione Giustizia, nonostante il capogruppo Pdl Maurizio Gasparri abbia detto sì solo alla richiesta di rimettere all'attenzione dell'organismo l'articolo 1 del testo. Come se non bastasse, dopo che il governo ha posto la fiducia al Senato sul decreto sanità, sono state sconvocate le sedute della commissione Giustizia, previste per ieri sera e stamattina. I lavori riprenderanno solo martedì.
Accantonata la questione del foro di competenza, che il Pdl vorrebbe fosse quello dove risiede l'offeso e non quello dove è stato commesso il reato, il dibattito in Aula si è bloccato sulla gradualità dell'interdizione dalla professione giornalistica indicata come pena accessoria per la condanna di diffamazione. L'emendamento firmato da Alberto Balboni e Franco Mugnai (entrambi Pdl) viene riscritto «almeno sette volte», come ha detto Luigi Li Gotti (Idv). Senza che si riesca ad arrivare a una soluzione. Così, su richiesta di Li Gotti e di Giovanni Legnini (Pd), (che in realtà propone, sia il rinvio dell'articolo 1, sia quello di tutto il Ddl) Nania accoglie la domanda più estensiva, rimettendo l'intero testo alla commissione (come gli consente di fare il Regolamento di Palazzo Madama). Gasparri, si racconta nel centrodestra, non sembra gradire la scelta di Nania visto che lui stesso aveva dato il via libera a riaprire il confronto ristretto solo sull'articolo 1. Nel centrodestra si assicura che sarebbe in atto da parte del Cavaliere un pressing serratissimo affinché il progetto di legge "salva Sallusti" veda la luce al più presto. «Ma ora che il Ddl è tornato in commissione - ha commentato Vincenzo Vita (Pd) - da lì non lo faremo più uscire». «È evidente - ha incalzato Filippo Berselli, relatore Pdl al testo - che Pd e Idv stiano facendo ostruzionismo. Ma il Segretario Generale del Senato ci ha confortato dicendo che si deve considerare come se si trattasse solo del rinvio dell'articolo 1 anche alla luce di quanto detto da Gasparri». Li Gotti, però, non è d'accordo. Gli altri due articoli, il 2 e il 3, «sono strettamente collegati all'articolo 1». Per la diffamazione a mezzo stampa, le multe massime sono state ridotte a 50mila euro (invece che 100mila come nella versione originaria), così «dovranno per forza ridursi di conseguenza quelle per la diffamazione normale» il cui tetto massimo era appunto di 50mila euro. In commissione, alla fine un compromesso sull'emendamento Mugnai-Balboni si trova: l'interdizione dovrebbe essere sempre facoltativa (mentre le pene accessorie conseguono di diritto alla condanna) e il minimo della sospensione, anche in caso di recidiva, partirà sempre da «1 mese»; e ci dovrà essere ogni volta il riferimento al reato della diffamazione. Evitando così interpretazioni estensive. Ma non è detto che la mini intesa resista alla prova dei fatti.
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