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Questo articolo è stato pubblicato il 01 novembre 2012 alle ore 11:19.

(LaPresse)(LaPresse)

Si è spenta Gae Aulenti la prima grande architetto donna italiana. Una professionista che ha lasciato un segno nella cultura del post-moderno e che ha saputo confrontarsi con grandi committenze pubbliche e private, italiane e internazionali.

La lezione di Gae, dal Museo d'Orsay a Piazza Cadorna, da Olivetti alla riqualificazione dell'ex Ospedale Sant'Agostino a Modena (gallery)

Nata nel 1927, Aulenti era malata da tempo ed è uscita per l'ultima volta il 16 ottobre per ritirare alla Triennale di Milano la Medaglia d'Oro alla Carriera. Aulenti è l'architetto del Museo d'Orsey a Parigi, della ristrutturazione di Palazzo Grassi a Venezia e delle ex Scuderie del Quirinale a Roma. Ha allestito il Museo nazionale d'arte moderna del Centre Georges Pompidou di Parigi, ha progettato l'arredo urbano di Piazzale Cadorna a Milano. Ha realizzato l'Istituto di cultura italiana a Tokyo e ha firmato il padiglione italiano per l'Expo di Siviglia.

A Torino, per le Olimpiadi del 2006 ha ristrutturato il Palavela. Tra le sue ultime opere ci sono il restauro di Palazzo Branciforte a Palermo e l'aeroporto di Perugia. Tra le ultime gare vinte anche quella per la trasformazione dell'ex complesso di Sant'Agostino a Modena da trasformare in un polo per la cultura. Tra i suoi committenti ci sono imprenditori come gli Agnelli, Olivetti o Ennio Brion e i presidenti di tanti paesi internazionali.

«Aulenti appartiene a quella generazione che ha saputo combinare design e architettura. Ha attraversato il dopoguerra in modo pregnante e ha avuto un ruolo culturale determinante. Ha saputo aprire orizzonti». Luca Molinari, architetto milanese critico, a cui la Aulenti ha rilasciato le sue ultime interviste descrive così «la prima grande architetto donna italiana».

Da Barcellona a Parigi, da San Francisco a Tokyo, «Aulenti ha rappresentato in tutto il mondo l'evoluzione della stagione eroica dei maestri del moderno, filtrata da Ernesto Nathan Rogers con cui lei ha iniziato il suo percorso professionale», commenta l'architetto milanese Cino Zucchi. «Gae Aulenti ha vissuto in prima persona il rinnovato rapporto tra committenza e progettista tenendo saldi i suoi principi ma portando innovazione e cercando di avvicinarsi alle arti di massa». Zucchi ricorda una Biennale di Venezia in cui Aulenti negli anni '60 aveva proposto un allestimento dedicato al tempo libero, proponendo le silhouette delle bagnanti di Picasso, «Aulenti ha seguito le trasformazioni sociali – aggiunge Zucchi -, ha saputo portare l'arte negli interni domestici, è stata un'ottima scenografa e si è confrontata anche con temi di grande scala, sempre con attenzione al dettaglio e al confort».

«Il merito della Aulenti – dice Luigi Prestinenza Puglisi, critico sui risultati architettonici che definisce mediamente "mediocri" – è di aver diffuso oltreconfine l'italian style». Le opere di Aulenti possono piacere o meno. Non è il linguaggio però l'unico criterio che va considerato per raccontare la vita professionale dell'architetto milanese, riconosciuto per la sua particolare sensibilità e per la capacità di sperimentare.

Tanti i premi che ha conseguito nella sua carriera, dal titolo di ‘Chavalier de la Legion d'Honneur' conferito da Francois Mitterand a "Cavaliere di Gran Croce" assegnato da Oscar Luigi Scalfaro.

Aulenti è una donna molto vicina alle istituzioni. «Ma i suoi musei – commenta Zucchi – non sono monumenti, sono progetti innovativi aperti ad una fruizione di massa. Sono luoghi di comunicazione».
Aulenti ha vissuto fasi inquiete e aperte nella sua carriera. «È stata una progettista-problematica, che ha viaggiato molto e che ha contaminato spazi e linguaggi», dice Molinari. «Ha fuso il sapere culturale, con l'attenzione alla grafica, al design, all'architettura. La sua apparente durezza – aggiunge il critico milanese – va attribuita anche al suo essersi fatta spazio in un mondo di uomini».

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