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Questo articolo è stato pubblicato il 03 novembre 2012 alle ore 09:04.
ROMA
Non è tanto la parte sull'Europa e sulla crisi finanziaria ad attirare l'attenzione, quanto i passaggi politici che ieri – nella giornata in cui il Governo è stato battuto tre volte – venivano setacciati nel dettaglio. Monti al quotidiano francese Les Echos ha ripetuto che la «medicina è stata amara» ma che bisognava darla «per il bene del Paese» e non solo «perché ce lo chiede l'Europa». Ha anche rivendicato i risultati in termini di finanza pubblica dicendo che «saremo uno dei pochi Paesi ad avere un equilibrio strutturale nel 2013» e che il suo Esecutivo, per primo, ha messo in moto un percorso riformatore. Ma quello che ha attirato l'attenzione è stata la portata che Monti ha dato al suo Governo alleggerendone il ruolo tecnico e sottolineando quello politico. E questo si è notato in due momenti dell'intervista. Il primo. «Noi che non siamo politici siamo stati chiamati a prendere misure impopolari. Secondo i sondaggi, gli italiani le considerano delle riforme dolorose ma ci danno un tasso di popolarità favorevole».
Insomma, in genere sono i politici di professione a citare i sondaggi ma Monti fa attenzione a inserire tutto in un "teorema": ossia non è vero che chi assume riforme impopolari sia poi bocciato alle urne. «La gente è più matura di quanto pensino i politici. Gli italiani chiedono il buongoverno, come già fecero con gli esecutivi di Amato e Prodi». Dunque, salta a pie' pari Berlusconi-Tremonti e, in questi giorni di fibrillazione tra il Cavaliere e Palazzo Chigi, la cosa testimonia una freddezza che ormai è scesa tra i due. L'altro passaggio è quando si intesta un merito – non tecnico – di aver messo d'accordo la sua «strana maggioranza». Si dice infatti «fiero di aver fatto lavorare, non in concerto, ma in modo convergente, i tre partiti politici che compongono la nostra maggioranza». Infine, in modo più esplicito, ritiene – non a torto – che i risultati del suo Governo «non vengano dal fatto che è composto di economisti e di professionisti: ci ha aiutati ma se abbiamo sormontato gli ostacoli più difficili, questo non è dovuto alla nostra natura tecnica».
E ieri un endorsement gli è arrivato proprio da Peer Steinbruck, candidato Spd alle elezioni tedesche 2013, che Monti ha incontrato in Prefettura a Milano. «Non voglio immischiarmi nelle cose interne italiane ma credo che, non solo in Germania, ma anche anche in tanti altri Paesi europei si auspichi che l'Italia sia governata da un politico integro, altamente competente e di assoluta affidabilità come quello attuale». Nel colloquio le affinità sono state molte ma, in realtà, Monti continua quell'offensiva diplomatica nei confronti della Germania a ogni livello. Qualche giorno fa aveva visto il presidente della commissione Finanze del Bundestag, ieri Steinbruck, segno che vuole estendere il dialogo con i tedeschi oltre Angela Merkel. E sembra proprio che nel colloquio di ieri siano emersi molti punti di contatto: dall'accelerazione dell'integrazione Ue, al rendere operativo il fondo anti-spread, alla priorità della crescita. Nell'intervista a Les Echos, Monti ha ripetuto che il rigore non basta e che c'è bisogno di politiche sulla domanda «aumentando gli investimenti», evocando Delors che ha ispirato il pensiero socialdemocratico. E più o meno le stesse cose dice Steinbruck quando parla della necessità di stimolare la crescita e l'occupazione nei paesi del Mediterraneo.
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